«Un’esperienza che cambia nel profondo». Così il comandante Stefano Dondelli definisce il suo servizio nelle zone colpite dal terremoto, che continua a martoriare anche in questi giorni popolazioni già stremate. Coinvolge e commuove il suo racconto, costituito da una costellazione di episodi toccanti, di incontri e descrizioni in cui speranze e disillusioni si rubano continuamente la scena.

La missione ha impegnato alcuni agenti della polizia locale del suo comando (Calvagese e Muscoline) e di Desenzano, che si sono alternati nel mese di gennaio in due turni di una settimana ciascuno, la prima ai suoi comandi e la seconda guidata da Carlalberto Presicci, comandante di Desenzano. I compiti loro affidati riguardavano soprattutto il disbrigo di pratiche d'ufficio, la viabilità e il controllo del territorio, ma quando si è sul campo si moltiplicano le emergenze e tutti danno una mano, al di là dei ruoli, per risolverle in fretta. «Come quando freddo e neve – racconta Dondelli – hanno cominciato a creare problemi agli animali di una stalla isolata e non ancora dichiarata agibile. Il proprietario ci ha chiamato riferendoci che quando la neve era al livello delle ginocchia lui non ha esitato a mettere al riparo il bestiame per non rischiare di perderlo. A quel punto con i geometri ci siamo organizzati per aprire un varco in modo da raggiungere l'edificio e fare i sopralluoghi necessari».

Colpisce la situazione di stallo in cui soffrono soprattutto le frazioni. Mentre il centro ha ripristinato in buona parte la viabilità, ci sono a tutt’oggi frazioni non raggiungibili se non attraverso sentieri, dove resiste solo chi ha animali da accudire. Essendo dichiarate “zona rossa”, possono essere raggiunte solo dai vigili del fuoco. Ormai la popolazione, anche quella del centro, si è spostata sulla costa e ad Accumoli torna, affrontando un viaggio in pullman di oltre un’ora tra salite e tornanti, solo chi deve lavorare nelle uniche due aziende che coraggiosamente hanno riaperto: un'industria di surgelati e un salumificio, che almeno danno lavoro a circa 60 persone.

Oppure torna chi sente il richiamo delle proprie radici e non sa stare lontano, come un uomo di 83 anni che ogni giorno da San Benedetto del Tronto raggiunge Accumoli solo per stazionare davanti alla propria casa, dove non può entrare, e raccontare agli agenti vicende della sua storia personale che si conclude ogni giorno allo stesso modo: dopo una vita di sacrifici per costruire la sua casa, ora sarà costretto a morire nella stanza di un albergo. Lo racconta fra le lacrime, eppure mantiene una «dignità disarmante», osserva Dondelli. Qualcuno torna davanti a ciò che resta della sua casa, nella speranza di riuscire a recuperare qualche ricordo; qualcun altro invita gli agenti nella sua nuova sistemazione e, anche se ha perso tutto, insiste per offrire un caffè.

Gente di montagna – il Comune va da 800 a circa 1300 metri di altitudine – abituata alla fatica e al lavoro, che sta ancora aspettando le casette di legno per tornare nei propri borghi, prima che i figli si dimentichino le radici da cui sono nati e preferiscano fermarsi sul litorale o nelle città. Intanto resiste chi ha animali o un'attività da seguire, abitando in camper o in moduli abitativi che la mattina, per il freddo, da dentro neppure si aprono.

Agli agenti bresciani viene affidato il controllo delle frazioni perché il centro è presidiato dall'esercito; ancora dopo tanto tempo bisogna stare all’erta perché si aggirano gli sciacalli, al punto che nella frazione di Roccasalli gli abitanti si sono organizzati e pagano due migranti rumeni per fare la guardia alle loro abitazioni. Parte della giornata, invece, se ne va a controllare il peso delle macerie portate via dai camion per evitare che qualche furbo ne dia in carico più del dovuto alla regione Lazio, incaricata dello smaltimento. Anche queste sono incombenze indispensabili per poter tornare quanto prima a una parvenza di normalità.

È una terra di gente semplice, che è sempre riuscita a condurre una vita genuina caratterizzata da un forte legame con il paese. Forse questo grande amore li sostiene anche in questo passaggio così critico e permette loro di regalare a chi li incontra un sorriso, nonostante tutto. Lo stesso amore fa da richiamo ai giovani che studiano lontano, eppure nel fine settimana tornano tutti qui, accanto ai genitori e ai nonni, magari solo per trascorrere qualche ora nell'unico bar, ricostruito in una casetta di legno pur di non restare senza un luogo di ritrovo. «Tutto ciò che per noi è normale – precisa Dondelli – per loro diventa difficile, perfino una semplice visita al cimitero. Eppure non si lamentano, anche se sono arrabbiati per la lentezza della burocrazia».

Così scorrono i giorni in questi luoghi che troppo spesso dimentichiamo, luoghi in cui il tempo pare essersi fermato. «Fa impressione – aggiunge ancora il comandante – leggere sul tabellone luminoso del Comune gli avvisi degli eventi dello scorso agosto». E vedere che gli stessi lavori vanno così a rilento, che spesso la ricostruzione neppure è iniziata, che in certi luoghi pare che il terremoto sia successo ieri, mette ancora più tristezza. Più il tempo passa, infatti, più incombe lo spettro della disgregazione della comunità. Eppure tutti i volontari hanno sottolineato che non è venuta meno la speranza, diventata perfino contagiosa: «vedere la loro voglia di fare – afferma Dondelli – ha infuso speranza anche a me».

I fatti più recenti di cronaca hanno ridestato l'attenzione sullo stato di queste popolazioni, che non smettono di aver bisogno di aiuto solo perché sono trascorsi alcuni mesi dal sisma. Anche per questo le missioni degli agenti di polizia locale continueranno e in calendario ce n'è già una che coinvolgerà anche alcune colleghe della nostra zona. In questo momento la raccomandazione è quella di non disperdere gli aiuti: niente vestiti o generi alimentari, piuttosto intervenire in situazioni mirate individuate dagli abitanti del luogo, dalle associazioni del territorio o dalle stesse forze dell'ordine.

Intanto, chi è tornato non si sente più lo stesso e sente il bisogno di ringraziare: «Devo ringraziare chi mi ha permesso di vivere una settimana che non dimenticherò mai – conclude Dondelli – una settimana in cui ho avuto la possibilità di arricchirmi di emozioni che porterò sempre con me, in cui ho incontrato persone fantastiche. Ringrazio i pochi abitanti rimasti ad Accumoli, persone provate e che hanno perso tutto, eppure da loro ho ricevuto più di quanto ho dato; a queste persone auguro che la loro determinazione resti sempre accesa e viva come ora. Ringrazio Enrico, il collega di Accumoli, la squadra del COC (Andrea, Damiano, Maurizio, Annamaria) con cui ho condiviso la nostra base “artica”, i vigili del fuoco, l’esercito, la finanza, i carabinieri, Roberto. Infine, un grazie al collega di Desenzano Alessandro Saramondi che ha condiviso tutto con me, 24 ore su 24 per otto giorni».

Giovanna Gamba