Lo storico dell'arte Giuseppe Merlo fa il punto sull'anno appena concluso e sui relativi eventi legati a Bergamo Brescia Capitale italiana della cultura. Con il piglio che tutti conosciamo.

Sono trascorse diverse settimana da quando, senza rimpianti, Brescia ha ceduto lo scettro di capitale italiana della cultura. Furono giorni nei quali, a commossi discorsi su quanto si era spesa la città per essere all'altezza del ruolo si alternavano trionfanti bollettini sui mirabolanti flussi di visitatori e di quanto proficuo fosse stato l’abbraccio con Bergamo.

Ma è stata vera gloria? A distanza di mesi cosa rammentiamo di quegli eventi? La visita del presidente Mattarella, le luci inaugurali o le varie esposizioni i cui visitatori sono stati ben al di sotto delle aspettative e dei fondi, con tanta generosità elargiti. Mostre imbarazzanti, per mancanza di basi scientifiche, altra mera occupazione di spazi nei quali statue, fotografie dialogavano con chissà chi o cosa. Esposizioni simili a botteghe antiquarie dove si servivano, su lussuosi piatti, gli avanzi di un pranzo più volte servito; in un’ipotetica gara tra il Pitocchetto e il casoncello quest’ultimo ne esce senz’altro trionfante.

Se gente è venuta a Brescia, e di gente ne è venuta, è per la sua antica bellezza che noi ogni giorno ignoriamo e calpestiamo con la nostra boriosa maleducazione. Tutto è stato dimenticato, i bilanci sono stati appianati con generose contribuzioni pubbliche. L’anno si è aperto con un leggero “consommé” di acquerelli risorgimentali e una riscaldata minestra “macchiaiola”, che non merita essere detta ribollita tanto è sciapa da non poter essere associata alla gustosa zuppa toscana. “Brescia sdegnosa d’ogni vil pensiero” attende la mostra sul Rinascimento nella speranza che non sia uno scongelato ragù a base di Moretto, Romanino, Savoldo. Buon appetito Brescia!

Giuseppe Merlo