Nei giorni della rievocazione della battaglia di Solferino e San Martino, la storia ci restituisce un episodio interessante, l’arrivo di dieci imbarcazioni armate sul lago di Garda da utilizzare contro gli austriaci, in vista della guerra che i franco-piemontesi avrebbero provocato. Le stesse cannoniere passarono poi agli ordini di Garibaldi nel 1866. Il nostro collaboratore Giuseppe Cinquepalmi riporta alla luce questi eventi doppiamente attuali, perché “tangenti” sia alla seconda che alla terza guerra di indipendenza, oggetto proprio in questi giorni di celebrazioni.

 

A seguito della partecipazione italiana alla guerra di Crimea ed alla successiva pace di Parigi del luglio 1858, Cavour sollecitò un incontro con Napoleone III, avvenuto il 20/21 luglio 1858 a Plombiers; in quell’occasione chiese e ottenne un aiuto dei francesi in caso di aggressione da parte degli austriaci. Fu facile per i piemontesi provocare un attacco delle truppe austriache e, quindi, richiedere un intervento dei francesi, dando così inizio alla seconda guerra di indipendenza.

All’inizio della guerra, Cavour intuì che sarebbero state necessarie delle piccole imbarcazioni con poco pescaggio per poter navigare sul fiume Po e sui laghi della Lombardia, per essere di supporto all’esercito durante la campagna e anche, soprattutto, per poter contrastare i vascelli armati che l’Impero asburgico aveva sul lago di Garda. Dette imbarcazioni gli ufficiali italiani avevano potuto vederle utilizzate dai francesi durante la guerra di Crimea.

Cavour ne fece richiesta ai francesi i quali costruirono presso i cantieri di Tolone dieci imbarcazioni armate di cannone smontabili, chiamate scialuppe cannoniere. In seguito smontate e imballate in appositi cassoni furono spedite in Italia, concesse in dono dall’imperatore.

Le imbarcazioni mosse da macchine a vapore erano dotate anche di vela che consentiva loro di economizzare il combustibile ed erano armate da un cannone a retrocarica a canna rigata posizionato a prua. Furono, successivamente, spedite a Genova a mezzo bastimento e da lì caricate su treni per poter raggiungere il lago di Garda, già occupato dalla truppe franco-piemontesi, conseguetemente alla battaglia di Solferino e San Martino.

Il viaggio in treno fu particolarmente difficoltoso, perché gli austriaci durante la ritirata fecero saltare i ponti per cui, ogniqualvolta si presentasse l’assenza di un ponte o della linea ferroviaria, il materiale veniva scaricato dai vagoni dei treni e trasportato con carri trainati di cavalli. Da Milano a Brescia gli austriaci in ritirata fecero saltare soltanto i ponti di Cassano sul fiume Adda e il ponte di San Marco sul fiume Chiese; fortunatamente, forse per la mancanza di tempo, non riuscirono a demolire il viadotto di Desenzano, quindi fu abbastanza facile raggiungere il lago. Il percorso del convoglio da Genova al lago durò circa 8-10 giorni.

Per risolvere, poi, il trasporto dalla stazione ferroviaria fino al cantiere sul lago fu costruita una linea ferroviaria di un chilometro. Nel cantiere di Desenzano 150 operai provenienti dai cantieri di Tolone riuscirono a costruire due cannoniere ogni 10 giorni, completando in un paio di mesi l’intera flottiglia.

La flottiglia ebbe sede poi a Sirmione sotto il comando del capitano di fregata Giuseppe Di Montezemolo e là alcune furono, in seguito, ribattezzate coi nomi di Frassineto, Sesia, Torrione, Castenedolo e Pozzolengo; successivamente, nel 1860 sul licenza francese vennero costruite dall’Ansaldo di Genova altre due unità e battezzate poi con i nomi di Solferino e San Martino.

Queste unità rimasero nella Regia Marina Savoiarda fino al giugno 1866, quando passarono agli ordini del Corpo Volontari Italiani, comandato da Giuseppe Garibaldi, operante sul fronte Garda-Trentino. 

Giuseppe Cinquepalmi