A vent’anni dalla sua scomparsa, monsignor Tullo Goffi, teologo di origine prevallese, riceve uno straordinario riconoscimento e viene inserito nel Famedio della città di Brescia. Dopo la toccante cerimonia presso il cimitero Vantiniano nei giorni scorsi, Paolo Catterina tratteggia la figura dello studioso e caldeggia la celebrazione di un degno ricordo anche nel suo paese natale.

Il 9 novembre scorso in occasione di una cerimonia solenne presso il Cimitero Vantiniano di Brescia l’illustre teologo prevallese mons. Tullo Goffi è stato inserito nella lapide che ricorda 22 personalità legate alla città che hanno contribuito a darne lustro e onore. Il sindaco di Brescia Emilio Del Bono ha scoperto la lapide che ricorda personaggi della cultura, della politica, dell’arte, delle scienze, dello sport che «rappresentano le caratteristiche delle eccellenze bresciane», «rendono la brescianità più ricca», e «hanno consegnato opere o testimonianze di vita e reso un servizio alla loro comunità».

Il Famedio è il luogo, ricavato presso il monumentale cimitero bresciano, dove la Giunta cittadina ha stabilito di iscrivere le più alte personalità per affidarne la memoria alle future generazioni. Tra queste, anche mons. Tullo Goffi, teologo illustre e maestro di teologia morale d’eccellenza, ma ancora di più interprete di una vita intellettuale e spirituale ispirata a virtù e fede. Mons. Tullo Goffi concludeva la sua esistenza terrena il 13 ottobre 1996 dopo una lunga malattia che gli aveva provocato notevoli sofferenze. Noto al pubblico italiano come uno dei protagonisti del rinnovamento della teologia morale, il suo itinerario insieme intellettuale e spirituale potrebbe essere descritto come graduale allontanamento dal diritto per approdare alla spiritualità.

Era nato nella piazzetta al centro del paese, di fronte alla chiesa e al vecchio municipio l’8 giugno 1916 quando ancora il paese si chiamava Goglione Sotto. Figlio di Orazio, in seguito più volte Sindaco e Podestà del paese, e di Ida Biemmi, madre esemplare, meglio conosciuta per il suo impegno sociale e religioso come “la siùra Ida”. Fu ordinato Sacerdote a Brescia il 23 marzo 1940 venendo indirizzato a Roma per gli studi di diritto presso la Pontificia Università Lateranense. Proprio i rigorosi studi giuridici avevano segnato il primo periodo della sua riflessione e del suo insegnamento. Gli studenti di quegli anni ricordano con qualche vena di rammarico lo scrupolo con il quale il professore di morale spiegava – ed esigeva che si conoscessero – le norme più sottili che avrebbero dovuto contrassegnare la vita del cristiano fedele alla morale cristiana.

Fu per qualche tempo vicario cooperatore a Muscoline, dal 1941 al 1942, passò in seguito a Zone, fino al 1943 per poi ritornare alla Cancelleria Vescovile nel 1943 ed assumere la carica di Vicerettore del Seminario Vescovile dal 1944 al 1948. Contemporaneamente ricoprì il ruolo di insegnante di Morale e Spiritualità sempre in Seminario a partire dal 1946. Dal 1949 fino al 1973 operò a S. Afra in Sant'Eufemia, ma nel frattempo svolse numerosissimi compiti di primo piano. Dal 1968 assunse l'insegnamento di Morale presso la Facoltà Interregionale di Milano. Nel 1974 si  trasferì a S.Maria Crocefissa di Rosa in città, mentre nel 1977 diventò canonico della Cattedrale di Brescia e nel 1984 ecumenico a S. Bernardino di Verona.

I libri, le pubblicazioni di vario genere e le raccolte dei testi delle sue conferenze assommano a centinaia e molti dei suoi testi sono stati tradotti in diverse lingue, a riprova di un livello intellettuale di assoluta eccellenza e prestigio. Della vasta produzione intellettuale di don Tullo Goffi vogliamo ricordare alcuni titoli significativi e rappresentativi del suo percorso: Morale familiare del 1958, Amore e sessualità del 1963, Morale pasquale del 1968, Etica cristiana e acculturazione marxista pubblicato nel 1975. Titoli e soggetti riportano a temi di frontiera della moralità cristiana esprimendo quella carica esplosiva di innovazione scaturita dal Concilio Vaticano II. A lui “toccavano” i temi più spinosi, le sfide più rischiose, dove la morale si innerva nei comportamenti sociali in divenire e sfuma nella profondità dello spirituale. Nonostante il carisma e l’altezza di ingegno riconosciuta e un prestigio incommensurabile, la “carriera” di mons. Tullo Goffi non è sempre stata in discesa.

A metà degli anni ’80 ha curato con Giannino Piana un’opera monumentale in 5 volumi, il Corso di Morale, testo di riferimento per generazioni di studenti di teologia. Così si esprime su alcuni tratti dell’opera di mons. Goffi il teologo bresciano Giacomo Canobbio: «L’orientamento del suo pensiero trovava particolare accoglienza nei cristiani laici. Soprattutto negli ultimi anni i suoi studenti, ascoltandolo, si sentivano come liberati da un peso: la vita cristiana si mostrava loro come vita in libertà e percepivano di potersi muovere nello spazio aperto dello Spirito. Certo, a volte si aveva la sensazione di non avere più punti di riferimento, appigli sicuri, idee chiare, ma solo prospettive un po' sfuggenti. Tuttavia questo era, per il vecchio professore, il modo per sganciarsi e sganciare dagli schemi piuttosto asfittici nei quali la teologia morale era stata rinchiusa nel periodo della sua formazione e della sua prima docenza. Veniva così alla luce quel che da alcuni decenni don Tullo insegnava in privato alle persone che andavano da lui a chiedere consigli. Si poteva infatti notare, soprattutto nei decenni difficili, una specie di duplice registro nell'insegnamento del professor Goffi: in pubblico appariva rigoroso, preoccupato di fissare con precisione le regole; in privato il consiglio teneva conto della situazione delle persone ed era volto a farle "respirare". Questo duplice modo di "insegnare" si rendeva necessario – così a volte lasciava intendere – a causa del fatto che i tentativi di rinnovare la teologia morale non sempre erano stati capiti e gli avevano procurato anche alcune sofferenze».

Carattere schivo e sobrio oltremodo ha rappresentato un faro illuminante, con le parole di un collega e amico affettuoso, il teologo prof. Luigi Lorenzetti, «ha cercato e trovato risposte alla forte domanda morale che riguarda, oggi più di ieri, il senso della vita e dell’agire umano sia nel privato che nel pubblico». Proprio p. Lorenzetti ha curato nel 2000 un libro dal titolo Tullo Goffi. Dare un’anima alla morale, ricco di testimonianze e della accurata ricognizione della sterminata bibliografia del teologo prevallese.

La cerimonia presso il Famedio bresciano è stata ancor più onorifica per il paese di Prevalle, che oltre ad immortalare il teologo Goffi ha visto la partecipazione del nostro Daniel Adomako, il noto cantante prevallese vincitore di un famoso concorso. Le sue interpretazioni con Alessandro Trebeschi di Lascia ch’io pianga e Ombra mai fu di G.F. Haendel, oltre all’ Halleluja di Leonard Cohen hanno impreziosito straordinariamente la cerimonia. Anche diversi famigliari di mons. Tullo Goffi hanno presenziato all’occasione memorabile che rende lustro e onore al paese intero. A distanza di vent’anni dalla scomparsa, la lapide nella piazzetta e il volume che ne ricorda la memoria possono essere considerate solo il preludio a qualcosa che ne perpetui con maggior concretezza la memoria ai prevallesi.

Come ha ricordato il Sindaco di Brescia Emilio Del Bono, citando molto opportunamente Rigoni Stern, «la memoria è determinante. È determinante perché io sono ricco di memorie e l’uomo che non ha memoria è un pover’uomo, perché essa dovrebbe arricchire la vita, dar diritto, far fare dei confronti, dar la possibilità di pensare ad errori o cose giuste fatte. Non si tratta di un esame di coscienza, ma di qualche cosa che va al di là, perché con la memoria si possono fare dei bilanci, delle considerazioni, delle scelte, perché credo che uno scrittore, un poeta, uno scienziato, un lettore, un agricoltore, un uomo, uno che non ha memoria è un pover’uomo. Non si tratta di ricordare la scadenza di una data, ma qualche cosa di più, che dà molto valore alla vita».

Una via o una piazza dedicate a mons. Tullo Goffi sarebbero davvero il meritato tributo per rinnovare la gratitudine al teologo di altissimo ingegno, al sacerdote, al maestro e all’uomo virtuoso e schivo, non fosse altro che per riportare un pizzico di lustro dal Famedio bresciano anche alla comunità di origine.

Paolo Catterina