Recenti analisi sull’acquedotto comunale del paese hanno rilevato la presenza di sostanze pericolose per la salute, simili a quelle che in anni recenti hanno creato molti problemi in Veneto. Paolo Catterina fa il punto sulla questione, dopo un’interrogazione del gruppo di minoranza in Consiglio comunale.

Una notizia modesta da passare inosservata, forse. Potrebbe, al contrario, una semplice interrogazione fatta da un gruppo di consiglieri di minoranza originare inquietanti scenari che hanno come teatro l’acqua degli acquedotti bresciani?

Nei giorni scorsi nel Consiglio Comunale di Prevalle si è discussa una interrogazione che verteva sui referti analitici eseguiti su acqua dell’acquedotto comunale nei mesi scorsi. A seguito di una richiesta pervenuta dalla Regione in merito alla esistenza di dati o analisi riferite a sostanze quali Glifosate e PFAS, il Comune commissionava un’analisi su uno dei pozzi comunali.

Sorprendente l’esito: positiva ad una delle sostanze classificate come PFAAS. Non in una concentrazione preoccupante per l’incolumità e la salute (28 nanogrammi per litro quando i generici limiti delle organizzazioni sanitarie parlano di 100 per indurre effetti nocivi), ma in ogni caso del tutto inaspettata nel territorio.

A margine della discussione nell’ambito del Consiglio Comunale il tema non era una critica all’operato dell’Amministrazione, ma anzi la condivisione di una scelta positiva e di aver mostrato considerazione e attenzione all’acqua che arriva nelle case dei cittadini. Le considerazioni sono andate verso le istituzioni sanitarie e soprattutto i tanti gestori (privati soprattutto) degli acquedotti bresciani che, a quanto è dato sapere, non hanno mai fatto analisi analoghe per ricercare queste sostanze.

E l’osservazione evidente che se ne è tratta: anche il territorio bresciano potrebbe soffrire dei gravissimi problemi rilevati da diversi anni nelle provincie di Vicenza, Verona e Treviso? Qui l’inquinamento di queste sostanze è arrivato dall’acqua nel sangue di molti cittadini con conseguenze serie, originando una situazione di grande preoccupazione.

Ma cosa sono queste sostanze, in realtà? Da quando sono state rilevate concentrazioni particolarmente elevate nel sangue della popolazione di alcuni comuni del vicentino, infatti, i PFAS sono diventati tristemente famosi. Già nel 2007 uno studio (poi pubblicato su una famosa rivista internazionale) aveva rilevato l'elevata presenza di PFAS nel nord Italia. Nel 2013, poi, uno studio del CNR aveva individuato nei comuni compresi tra Padova, Vicenza e Verona elevate concentrazioni di queste sostanze. Recentemente sono intervenute alcune decisioni da parte della Giunta regionale e del Ministero della Salute. Che cosa sono i PFAS e perché sono un rischio per la salute?

La sigla indica Sostanze Perfluoro Alchiliche (acidi perfluoroacrilici): è una famiglia di composti chimici utilizzata prevalentemente in campo industriale. Sono, in estrema sintesi, acidi molto forti usati in forma liquida, con una struttura chimica che conferisce loro una particolare stabilità termica e li rende resistenti ai principali processi naturali di degradazione. Dagli anni Cinquanta i PFAS sono usati nella filiera di concia delle pelli, nel trattamento dei tappeti, nella produzione di carta e cartone per uso alimentare, per rivestire le padelle antiaderenti e nella produzione di abbigliamento tecnico, in particolare per le loro caratteristiche oleo e idrorepellenti, ossia di impermeabilizzazione.

Lavorazioni che sembrerebbero confinate nella zona del Veneto in cui effettivamente stanno creando problemi ma il Bresciano è davvero esente da questo problema? Senza accertamenti è difficile dare una risposta e se, come accade, nell’unico rilevamento eseguito se ne riscontra, pur con quantità minime, la presenza, qualche dubbio su potenziali dati di positività per il territorio viene ad emergere prepotentemente.

Gli effetti sulla salute di queste sostanze sono sotto indagine: al momento, sono considerati tra i fattori di rischio per un'ampia serie di patologie. Si ritiene che i PFAS intervengano sul sistema endocrino, compromettendo crescita e fertilità, e che siano sostanze cancerogene. Non si tratta di sostanze dagli effetti immediati: si ritiene invece che la lunga esposizione sia in relazione con l'insorgenza di tumori a reni e testicoli, lo sviluppo di malattie tiroidee, ipertensione gravidica e coliti ulcerose. Alcuni studi hanno ipotizzato una relazione tra le patologie fetali e gestazionali e la contaminazione da queste sostanze.

Se smaltiti illegalmente o non correttamente nell'ambiente, i PFAS penetrano facilmente nelle falde acquifere e, attraverso l'acqua, raggiungono i campi e i prodotti agricoli, e perciò gli alimenti. Ad alte concentrazioni sono tossici non solo per l'uomo, ma per tutti gli organismi viventi: queste sostanze tendono infatti ad accumularsi nell'organismo attraverso processi di bioamplificazione (che avvengono quando gli organismi ai vertici della piramide alimentare ingeriscono quantità di inquinanti superiori a quelle diffuse nell'ambiente).

Paolo Catterina