Giuseppe Merlo, storico dell'arte dell'Archivio di Stato di Brescia, interviene sulla nuova illuminazione di Santa Maria in Solario a Brescia.

 

“Fiat lux et lux facta est”: se bastasse il comando divino per accendere la fiaccola della cultura nella nostra città vivremmo in un mondo perfetto; ma così non è. 

È bastata, al contrario, la volontà e le risorse dei Rotary bresciani per dare rinnovata luce a Santa Maria in Solario (il nome è augurale) e ai tesori che vi si custodiscono. Dopo le trite giaculatorie dei politici, fortunosamente ridotte a tedioso brusio dalla bellezza tardo rinascimentale della chiesa di Santa Giulia, si raggiunge l’aula inferiore di Santa Maria, dove si conserva la lipsanoteca: l’avorio splende di novello fulgore e mostra ogni piccolo dettaglio della preziosa cassettina; ma tanto “splendore” acceca e appiana, a mio vedere, il delicato rilievo dell’opera.

Premetto che non amo la luce dal basso, ha un non so che d’infernale che m’inquieta, per cui non ho amato, e non amerò, la soluzione adottata per illuminare questo solenne spazio, dalle volte e dalle pareti in nudo medolo la cui trama è “teatralmente” drammatizzata dalla luce che sale radente dal pavimento, lasciando nell’oscurità le volte sulle quali due minuscoli led infastidiscono il mio occhio. Ineccepibile la luce che, calando dall’alto del corrimano, illumina, sublimandola, l’angusta scala che conduce all’aula superiore e ne rende sicura la salita.

Sotto il cielo stellato, la croce del re longobardo brilla di una luce che pare emanare dalla sua preziosa superficie più che frutto della rinnovata illuminazione. Gli affreschi che decorano le pareti, in gran parte eseguiti da Floriano Ferramola e dalla sua bottega, con la loro ingenua narrazione e gioiosità cromatica attenuano le “infernali” luci dal basso ridonando allo spazio la mistica atmosfera (e non magica come qualcuno disse nella presentazione) che il claustrale sito aveva all’epoca delle aristocratiche benedettine.

Visita finita, esco e guardo la luna la cui luce è inarrivabile anche con le nostre più sofisticate tecnologie e per un attimo dimentico il degrado, lo sporco e la maleducazione che spesso infetta la nostra superba città perdendomi nello sguardo orgoglioso, e senza tempo, dei tre personaggi del medaglione della croce di Desiderio cui va il nostro più grato ringraziamento per quel capolavoro che ci ha donato.

Giuseppe Merlo