Diario di viaggio del nostro storico dell'arte, Giuseppe Merlo dell'Archivio di Stato di Brescia, tra paradisi naturali, mete turistiche... e la nostra città.
Sono decisamente fortunato per quest’anno ho potuto godere di due piacevoli settimane di vacanze; vacanze un po' eccentriche: una settimana a giocare al mare sull’isola spagnola di Lanzarote e l’altra a Parigi tra muse, chiese e mercatini. Ho però un vizio che non riesco a togliermi: in vacanza continuo a pensare e pensando osservo cambiamenti e comportamenti.
Sono anni che frequento Lanzarote e ne ho percepito i cambiamenti, ovviamente con l’occhio da turista; cambiamenti che mi portano alla conclusine che il pensiero di Cesar Manrique, venerato nume dell’isola, di poter coniugare preservazione del territorio e sviluppo turistico è un’utopia destinata a fallire. Negli anni ho visto crescere vertiginosamente complessi residenziali, alberghi e centri commerciali completamente avulsi dal contesto naturale, in barba a quanto aveva stabilito il piano di Manrique, ai quali ultimamente si sono aggiunte costruzioni a ridosso delle spiagge e condomini, assalti speculativi ben noti a noi italiani.
Abbandoniamo l’isola e prendiamo un comodo volo per Parigi, città che ho per molti anni frequentato. Il centro pur vasto e grandioso è ormai uno zoo per abbienti che stanno comodamente rintanati nelle loro costose dimore, lasciando le vie a masse di turisti che giocano con la storia come fossero in un luna park. Sono con amici e alcune mete sono obbligate: Louvre, Notre Dame, fresca di restauro dopo il tremendo incendio, Museé d’Orsay.
Luoghi stracolmi dove non si va per cercare cultura, ma svago: le opere d’arte, le architetture sono divertenti fondali per chi percorre rumorosamente le sale, mettendo a dura prova il parquet della Grande Gallerie, cercando il giusto fondale per fotografe se stesso e non certo il capolavoro a cui volge le spalle. La visita a Notre dame è deprimente: intruppati come pecore alla tosa, percorriamo le solenni navate con occhi puntati al cellulare per fotografare ciò che non abbiamo la forza di osservare; non capisco se la Vergine abbia uno sguardo dolente per il figlio che regge morto in grembo o per come si sia trasformata la casa costruita in suo onore.
Lascio comunque Parigi con il ricordo di due deliziosi luoghi che sono rimasti musei dove godere della bellezza dell’arte: il Marmottan e il Jacquemart André. Come ogni cosa piacevole, le ferie sono finite e torno a Brescia; dove abito nulla è cambiato: le macchine sono come al solito parcheggiate indisturbate sul marciapiede e rifiuti puzzolenti circondano i cassonetti. Ma un cambiamento lo noto nei corsi Palestro e Zanardelli: strade che sono probabilmente nel cuore degli amministratori, perché ogni tre per due ne rinnovano, con gusto assai discutibile, quello che chiamiamo arredo urbano.
Non comprendo quale mente geniale abbia ideato le nuove panchine che hanno, a mio vedere, trasformato le due vie in una patetica succursale del Vantiniano. Non panche ma scomodi sarcofagi che non offrono riposo; certo una funzione la assolvono egregiamente, sono comodi e costosi marmorei pisciatoi per cani. Eterna riconoscenza delle vesciche canine al geniale progettista.
Giuseppe Merlo
Appunti di viaggio e ritorno di un turista che osserva e pensa
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