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Il ricordo nei giorni scorsi in un incontro all'Hotel Savoy di Gardone Riviera a dieci anni dalla sua scomparsa. Attilio Mazza fu un giornalista sensibile e appassionato, ma anche studioso di turismo, di D’Annunzio, intellettuale che ha saputo impegnarsi nella sua comunità personalmente e anche come amministratore. Parte attiva del tempo che ha attraversato. Lo hanno ricordato Elena Ledda, Massimo Tedeschi, Pierlucio Ceresa, Silvia Dalla Bona, Oliviero Mazza e molti altri per un'iniziativa voluta da Università Cattolica, OTG e Dipartimento di scienze storiche, filologiche e sociali (direttore Prof. Giovanni Gregorini) e Comunità del Garda. 

Personalmente voglio ricordare Attilio Mazza, come rigoroso e appassionato storico del turismo. 

Nato a Gavardo nel 1935, Mazza ha saputo coniugare il mestiere del cronista con la ricerca d’archivio e la capacità saggistica: ha guardato il paesaggio turistico non come un semplice sfondo di cronaca, ma come un oggetto storico, meritevole di indagine e di memoria. E bisognoso di tutele. 

Il suo lavoro su Gardone Riviera e sul fenomeno alberghiero del Garda è esemplare di questo doppio registro. Attraverso ricerche negli archivi locali, raccolte di immagini e testimonianze, e saggi che alternano rigore documentario e chiarezza narrativa, Mazza ha ricostruito la genesi della vocazione turistica gardesana, mostrando come strutture ricettive, grandi alberghi e figure imprenditoriali abbiano modellato l’identità del luogo nel corso della Belle Époque e del Novecento. 

Le sue inchieste e i suoi volumi hanno reso leggibili i processi economici, sociali e culturali che trasformarono angoli di lago in mete di élite e poi in destinazioni di massa. 

Due aspetti mi sembrano particolarmente rilevanti per inquadrare il suo valore come storico del turismo. Primo: la capacità di lavorare sulle fonti locali — inventari d’archivio, cartoline, guide d’epoca, atti pubblici — e di farne strumenti interpretativi; non si trattava di mera raccolta antiquaria, ma di uso critico delle fonti per ricostruire dinamiche più ampie. Secondo: la scelta di restituire i risultati a un pubblico ampio; i suoi testi, pur fondati su indagini profonde e rigorose, sono scritti per essere letti non solo dagli specialisti ma anche dalla comunità locale, dagli operatori e dagli studenti, contribuendo così a una cultura pubblica della memoria turistica. 

Nel tracciare il profilo di Mazza come «storico del turismo», è utile sottolineare come la sua attenzione agli alberghi — ai loro progetti, alle trasformazioni architettoniche, alle strategie commerciali e simboliche — abbia fatto emergere l’hotel come istituzione chiave nella storia del territorio. I singoli edifici, nelle sue ricostruzioni, diventano fonti: testimoni del cambiamento di gusti, tecnologie, economie e immaginari. Questo metodo ha favorito letture che mettono in relazione patrimonio materiale e pratiche turistiche, memoria collettiva e sviluppo economico. 

Per concludere: ricordare Attilio Mazza significa riconoscere il valore di una pratica storica che parte dal locale per interrogare trasformazioni più vaste; significa anche apprezzare chi, con cura archivistica e passione civile, ha restituito al Garda le sue storie. È questo lascito — metodologico e civile — che oggi celebriamo. 

Maria Paola Pasini