Una riflessione, graffiante e stimolante come sempre, di Giuseppe Merlo (Archivio di Stato di Brescia) sulle scelte cromatiche nelle facciate dei palazzi cittadini.

Spero che l’anno appena iniziato non sia “grigio plumbeo” come le due case da poco “riverniciate” all’angolo tra le vie Gramsci e Moretto: grigi i prospetti, le modanature, le persiane, gli infissi, le ringhiere dei balconi, financo i bei davanzali antichi in marmo di Botticino.

Ho un’età, non veneranda ma abbastanza consolidata da ricordare i convegni, i dibattiti, le dotte esternazioni degli anni Ottanta di architetti ed esteti sui colori antichi delle città. Chi sognava una Roma pastello come nei dipinti di Pannini o Gaspar Van Wittel; chi auspicava dopo attenta ricerca, ovviamente universitaria (1979), una mitica Torino sabauda tutta “Settecento” e chi con maggior fortuna una Venezia alla Canaletto/Guardi. La questione è che il colore delle città varia nelle epoche e solo una solida preparazione e un innato buonsenso danno gradevoli tinteggiature ai nostri luoghi.

Brescia è senz’altro in difetto poiché il “plumbeo grigio” è solo l’ultimo orrore cromatico di una lunga lista di cui siamo stati impotenti testimoni: l’uniforme cortina ottocentesca di Corso Zanardelli (lato Teatro) è dipinta a chiazze che dal verde pastello “finto Settecento” vira ai colori gialli o terrosi. Via San Faustino è tinteggiata come una caramellosa strada rivierasca, mentre la Biblioteca Queriniana ostenta una fasulla tavolozza “alla moda del secolo XVIII”, per non dire degli avvinazzati colori che si sono materializzati nelle adiacenze di Piazza Tebaldo Brusato.

La cosa irritante è che negli ultimi mesi l’Ufficio tecnico comunale ha, con malcelata presunzione e pedanteria, cercato documentazione sui colori “antichi” della città: se il risultato è il “topone” di via Gramsci, l’anno è iniziato nel migliore dei modi. Auguri di un cromatico 2019 a tutti!

Giuseppe Merlo