Il ritorno della Vittoria alata a Brescia. Bellissima. Oggi primo giorno di visite, dopo il rientro della statua-simbolo della città, fuori sede per un periodo di restauro. La Vittoria fa ora bella mostra di sè all'interno del Capitolium e può essere visitata gratuitamente per tutto questo mese di febbraio. Bisogna però prenotare. Tutte le informazioni si trovano sul sito di Brescia Musei.

Tratto dal libro Capolavori in guerra edito da Ubi Banca: il ricordo del salvataggio della Vittoria durante la Prima guerra mondiale:

 

Salvare la Vittoria

 

Particolare attenzione venne riservata in quei frangenti alla Vittoria alata, statua simbolo della città. Già nel

maggio 1915 il Sovrintendente agli Scavi e musei di antichità per la Lombardia Giovanni Patroni aveva manifestato

preoccupazione per le sorti del bronzo che era stato celebrato da D’Annunzio e Carducci. Patroni era

dell’idea di inviare subito la statua bresciana «al di là degli Appennini». Tuttavia nel 1917 la Vittoria era ancora

a Brescia, anche se effettivamente si era provveduto a imballarla con ogni cura ed era pronta da tempo per la

partenza. Lo aveva disposto lo stesso Patroni perché in caso di pericolo «la prima cosa che si penserà eventualmente

a mandare in salvo con le altre cose più preziose, sarà la Vittoria».

 

Il monumento infatti aveva un valore altamente

 

simbolico e il suo stesso ritrovamento aveva assunto i

 

contorni di un evento fondante per la storia della città.

 

Recuperata nel 1826 durante una campagna di scavi in

 

con ali e braccia smontate, per essere sottratta al saccheggio,

 

la statua di bronzo divenne ben presto l’emblema

 

di Brescia.

 

La Vittoria andava protetta ad ogni costo in quanto

 

– come spiegava il Soprintendente Patroni – rappresentava

 

un’icona nazionale propiziatrice di un felice

 

esito del conflitto. Proprio per la sua valenza politica e

 

patriottica la statua era maggiormente esposta alle offese

 

del nemico.

 

"Qui ci troviamo in un caso affatto speciale. Si tratta di un monumento

 

così insigne, che perciò solo appartiene alla Nazione

 

intera più che a Brescia stessa; e a questo valore nazionale si

 

aggiunge il fatto della consacrazione di esso per parte della

 

letteratura non locale, ma italiana e del simbolo ed augurio

 

che il bronzo racchiude. Di fronte a ciò bisogna porre, in caso

 

di guerra, la probabilità che Brescia debba non solo subire

 

bombardamenti ma anche una temporanea occupazione del

 

nemico, e che la Vittoria sia esposta non solo a danni eventuali

 

e affatto casuali, ma ad essere cercata e distrutta o rapita,

 

appositamente pel suo valore simbolico e nazionale, oltrechè

 

pel valore archeologico".

 

In effetti la Vittoria alata fu sempre oggetto di particolari

 

attenzioni. Lo confermerà l’impegno profuso per

 

evitarle danni e offese anche durante la Seconda Guerra

 

Mondiale.

 

Ma torniamo alla Grande Guerra. In più occasioni

 

l’assessore comunale Giorgio Montini aveva rassicurato

 

la Soprintendenza delle Antichità. Nell’aprile 1917 scriveva

 

al Regio Sovrintendente Patroni per sottolineare la

 

qualità dell’imballaggio in vista di un ormai probabile

 

viaggio verso un riparo sicuro.

 

La cassa per l’imballaggio della statua della Vittoria doveva essere

 

preparata dall’imballatore che costruì le casse per le altre

 

opere d’arte; ma egli dovette recarsi altrove prima che quella

 

fosse eseguita. Disporremo con altri mezzi affinchè la cassa

 

sia pronta per qualsiasi deprecabile necessità di trasporto; e

 

la S. V. Ill. non dubiti che questa amministrazione possa trascurare

 

i provvedimenti atti a salvaguardare nel miglior modo

 

il più prezioso oggetto che dà fama ai nostri Musei, tesoro

 

d’arte e insieme simbolo delle glorie cittadine.

 

Alla luce di queste premesse, la Nike bresciana fu

 

sorvegliata con la massima cura. Preparata con meticolosa

 

attenzione, fu ospitata nei sotterranei di Santa Giulia

 

fino al novembre 1917 quando – dopo la disfatta di

 

Caporetto – fu trasferita a Roma in treno insieme ad altri

 

oggetti preziosi. Non era più possibile, per ragioni di

 

sicurezza, trattenerla sul suolo bresciano.