Creare    Amicizie    Mediante   Pallacanestro: l'acronimo è Camp. “ Bene, la riunione finisce qui, grazie a tutti per essere venuti, mi raccomando ricordatevi cuffietta e ciabattine per la piscina!”

In quel preciso istante un’orda di ragazzini, che sono stati seduti in silenzio fin troppo, si fionda verso i cartelloni, quelli che ti dicono in quale gruppo sei, con chi giocherai, qual è il tuo colore.
Inizio a scorrazzare da un cartellone all’altro, da un allenatore all’altro:
“Speriamo sia arancione, anche Ale è negli arancioni!  Vediamo…. No, va bhe allora blu, nei blu c’è Stefano, e poi il blu è il colore dell’Inter! Niente…”
Nei grigi?! Io, Matteo, al mio primo camp di basket , alla veneranda età di 7 anni,devo giocare nei grigi?! Tra l’altro con nessuno che minimamente conosco.
Sono un bambino distrutto, cerco , viziatamente, di lamentarmi con  mamma, ma niente da fare, arriva la solita frase :

 -“ Vedrai che farai nuove amicizie”
-“ Ma che nuove amicizie, mamma!  Io volevo stare con Stefano e Ale” , ma niente… relegato nei grigi.

Il primo giorno di Camp arrivo, con la mia bellissima maglia… grigia appunto, e subito avverto  qualcosa di magico nell’aria. Un palazzetto pieno, stracolmo, di bambini, proprio come me, che corrono,saltano, ballano, ridono e soprattutto… tirano a canestro ! Un allenatore mi guarda, mi sorride e mi passa un pallone, si parte!
Mi accorgo che “ essere un grigio” non cambia un granché, incredibilmente tutti giocano con tutti e non si creano gruppetti o fazioni.  Citando un certo Signor G.  direi che “ ai bambini non interessa il colore”.
Io, che durante l’anno rincorro un altro tipo di pallone,più leggero e meno colorato sento la tecnica cestistica come qualcosa aldilà della mia comprensione, provo a tirare a canestro… non prendo neanche il ferro e la palla rotola verso la panchina.
Noto un bambino seduto,  S. ,  ( probabilmente l’unico bambino fermo in tutta la palestra) spaurito, smarrito in quel turbinio di grida e palleggi… guardo meglio,  è vestito di grigio anche lui!!
Devo andarci a parlare.
“ Ciao ,  io sono Matteo, vuoi venire a giocare?”
Silenzio.
S. si alza , mi guarda, e se ne va.
Per me, inguaribile chiacchierone, in maniera dialettale definito “ sparnega”, fu un colpo al cuore, rimasi lì fermo come uno stoccafisso, per la prima volta senza parole.
Scopro che abbiamo la stessa età e che quindi siamo nello stesso gruppo  , iniziamo a parlare, prima soltanto qualche fonema, poi mezzi sorrisi, e dopo appena qualche giorno io e S. siamo come il burro e la marmellata, sempre Matteo e S. , dovunque ; al corso di nuoto, in palestra, in Tesio, Matteo e S.!
E il fatto che S. sia letteralmente nato per la pallacanestro e mi possa insegnare a palleggiare, tirare, muovermi molto meglio  mi fa credere ancor di più che fosse destino che ci incontrassimo su quella panchina.
Vedete la magia del Camp è questa, creare legami, non con gli amici di sempre, con sconosciuti, persone mai viste prima, che in qualche giorno si aprono a te , con la spontaneità che solo un bambino può avere.
Inutile raccontare che S. è diventato e rimane tutt’oggi , uno dei più cari amici che io abbia al mondo, e pensare che ci conoscemmo così , per un mio canestro sbagliato , con il suo mutismo selettivo nei miei confronti ,mi fa romanticamente comprendere il significato profondo della parola  “Amicizia.”
Ma il Camp del Basket Gavardo non è solo questo; E’ condivisione e  confronto, è gioia, pianto e consolazione. 
Ricordo come fosse ieri le pacche consolatorie sulla spalla dei miei nuovi amici , quando al Camp venni rifiutato da Teresa, bellissima bambina più grande di me  a cui feci la corte per tutte e tre le  settimane e che mi rispose con uno straordinario due di picche, nonostante gli avessi regalato la mia figurina preferita, perché il Camp è anche questo.
E in questo 2019 si spengono 29 candeline! Sono cambiati i responsabili, gli allenatori, gli assistenti  ( l’unica che rimane sempre è l’istruttrice di nuoto della piscina, che sembra  imperitura e sempiterna), ma la gioia , le risate, quelle rimangono e rimarranno per sempre.
La trama è piuttosto semplice: quattro gruppi divisi per età e  quattro grandi squadre di quattro colori. Mattino dedicato al bellissimo sport con la palla a spicchi, pomeriggio a varie attività; dai tornei ai giochi d’acqua , dalla piscina alle gite in mezzo alla natura,il tutto amalgamato da animazione, musica, balli, disegno e chi più ne ha più ne metta! Sempre accompagnati e tutelati da un grandioso staff di allenatori, aiuti, assistenti, che devono sempre avere migliaia di occhi e che riescono a garantire in maniera attenta e continuativa  la sicurezza dei nostri ragazzi.
Potrei dire molto altro, raccontare altre storie, ma se un’attività estiva nata nel lontano 1991, continua a camminare , senza sosta, senza rallentamenti con lo stesso inspiegabile entusiasmo ancora oggi, significa che forse , qualcosa di speciale, ce l’ha davvero.
Io sono soltanto un bambino cresciuto, uno dei grigi che grazie al Camp si è colorato di mille sfumature, e che  forse, forse , ha trovato l’amicizia vera soltanto grazie ad una palla a spicchi , che rotolava verso la persona giusta.

M.B.