Nel secondo trimestre del 2020, l’indice di fiducia delle imprese bresciane attive nel settore terziario ha evidenziato una risalita rispetto al periodo precedente.  Nel dettaglio, l’indice si è attestato a 59, contro il 27 segnato nel 1° trimestre 2020, minimo storico registrato da quando è disponibile la serie (2016).

A evidenziarlo sono i risultati della tradizionale Indagine congiunturale condotta dal Centro Studi di AIB al secondo trimestre 2020.

La risalita della fiducia rifletterebbe il parziale miglioramento delle condizioni operative aziendali sperimentato nei mesi di maggio e giugno, dopo i forti cali fra marzo e aprile, nonché le prospettive di una possibile schiarita del quadro ciclico per la seconda parte dell’anno. Tuttavia, complice anche la stagionale chiusura in agosto, a breve l’attività non è prevista tornare sui livelli coerenti con la media degli ultimi anni.

“L’assestamento, per quanto al ribasso, dell’andamento dell’economia ha permesso all’aziende del settore terziario di fare una programmazione almeno a breve periodo – commenta Paolo Chiari, Presidente del Settore Terziario di AIB –: buona parte dei progetti che erano stati sospesi in periodo COVID sono ripartiti anche se in maniera differenziata. Certo è che i nuovi progetti legati ai nuovi investimenti sono ancora al palo”.

L’evoluzione del clima di fiducia delle imprese bresciane attive nel terziario appare nel complesso in linea con il quadro nazionale, dove l’Indice PMI riferito al settore, dopo il minimo storico raggiunto ad aprile (10,8), è stato protagonista di un recupero (28,9 a maggio e 46,4 a giugno), non tale da riportare i valori al di sopra della soglia che determina l’espansione dell’attività (50).

Nel dettaglio, per quanto riguarda i giudizi espressi dalle imprese sui tre mesi precedenti:

  • il fatturato è diminuito per il 48% delle imprese, con un saldo negativo del 29% tra coloro che hanno dichiarato variazioni in aumento e in diminuzione;
  • gli ordini e l’occupazione evidenziano anch’essi flessioni (saldi netti pari rispettivamente a -38% e a -6%);
  • i prezzi dei servizi offerti si caratterizzano per un’evoluzione piatta (saldo netto pari a +3%), a conferma dell’assenza di rilevanti pressioni inflattive, in particolare in questa fase storica.

Per quanto riguarda le prospettive per i mesi a venire:

  • il fatturato è atteso in contrazione dal 39% degli intervistati, con un saldo negativo del 16% a favore dei pessimisti rispetto agli ottimisti;
  • i saldi riferiti al portafoglio ordini (-19%) e all’occupazione (0%) descrivono uno scenario ancora complicato, ma in parziale rasserenamento;
  • i prezzi dei servizi offerti si contraddistinguono per un saldo di poco positivo (+7%), un altro elemento che potrebbe presagire un cambio di rotta all’orizzonte.

Secondo l’approfondimento legato all’emergenza Coronavirus, curato dal Centro Studi di AIB, l’evoluzione trimestrale dell’attività produttiva in questo periodo è la sintesi di dinamiche molto differenziate tra mese e mese. Posto pari a 100 il livello di “normalità” pre-Covid, le realtà intervistate hanno dichiarato per marzo un significativo ridimensionamento dell’attività (80), intensificatosi poi ad aprile (65). A maggio vi sarebbe poi stato un importante recupero (76), consolidatosi poi fra giugno (82) e luglio (84), appena sufficiente per ritornare ai livelli di marzo, ma non tale da colmare il gap con la situazione antecedente la pandemia, che rimarrebbe quindi ancora molto distante.

Nel primo semestre del 2020 il fatturato realizzato dalle imprese del terziario sarebbe inferiore dell’11% rispetto all’analogo periodo del 2019, mentre l’input di lavoro (misurato dalle ore lavorate) registrerebbe una contrazione relativamente meno intensa (-9%). Va tuttavia precisato che le suddette dinamiche nascondono evoluzioni molto eterogenee fra le singole aziende: a fronte di contrazioni significative, che riguardano i più, si contrappongono movimenti in crescita, realizzati dalla minoranza degli operatori. 

Per quanto riguarda le misure di gestione del personale adottate dalle imprese, va segnalato l’ampio ricorso allo smart working (intensificato o introdotto dal 92% dei rispondenti), seguito dall’utilizzo della CIG (56%), dall’imposizione di ferie obbligatorie o di altre misure temporanee per la riduzione dei costi (56%), dalla riduzione dell’orario di lavoro (48%) e dalla formazione aggiuntiva del personale (44%). Il 28% invece ha optato per la mancata proroga dei contratti a termine in essere e il 24% ha rinviato le assunzioni previste.

Sul versante dei possibili effetti sull’azienda da qui alla fine dell’anno, la maggioranza dei rispondenti (55%) prevede una riduzione della domanda nazionale per i servizi offerti, il 28% invece segnala la contrazione della domanda locale. Un altro 16% evidenzia la flessione del volume d’affari a seguito della cancellazione/rinvio di fiere ed eventi promozionali, oltre alla flessione della domanda proveniente dall’estero. Va poi segnalato come il 12% degli intervistati metta l’accento sui possibili rischi relativi alla sostenibilità aziendale e, a conferma della forte eterogeneità che caratterizza l’attuale fase ciclica, il 32% ha dichiarato la normale prosecuzione dell’attività, senza particolari conseguenze negative.

Di fronte alla crisi causata dal Covid-19, il 64% delle imprese del terziario ha adottato (o adotterà) strategie che prevedono un’accelerazione della transizione al digitale, il 52% opterà per una riorganizzazione dei processi e degli spazi di lavoro e commerciali, il 44% si concentrerà sull’offerta di nuovi servizi non connessi con l’emergenza sanitaria, il 40% attuerà azioni di modifica o ampliamento dei canali di vendita, il 40% adotterà nuovi modelli di business e il 32% procederà all’intensificazione delle relazioni esistenti o alla creazione di partnership con altre imprese.