Silenzio. Questo ha caratterizzato la lunga assenza da queste pagine del nostro collaboratore Giuseppe Merlo, che oggi torna e racconta la sua esperienza degli ultimi mesi, tra fatica e speranza. Bentornato, Beppe, e in bocca al lupo per la ripresa da parte di tutta la redazione!

 

Si potrebbe, a torto, aver ipotizzato il mio lungo silenzio per un saggio ravvedimento in conformità al pensiero di Sant’Agostino: “Sempre mi pentii d’aver parlato, mai d’aver taciuto”. Ma per mia, e di riflesso vostra, disgrazia la realtà è ben altra. Il 30 novembre era iniziato come un normale lunedì: sveglia alla 6.30, doccia, colazione e, inforcata la bicicletta, via al lavoro con in testa un ricco programma per la giornata. Ma così non fu.

A metà tragitto un forte dolore al petto mi fa arrancare, a fatica raggiungo l’ufficio. Dopo, tutto si fa concitato, veloce, drammatico: infarto, ambulanza, intervento d’urgenza, la salvezza. Dopo cinque mesi, tre bypass, tanta riabilitazione e pazienza sono nel fisico ciò che ero ante l’infarto.

Mutato è il pensiero: non ho, e qui sembrerà banale, la stessa sicurezza. I progetti, le ambizioni, il programmare le giornate mi appare più che mai un castello di carte che a ogni alito di vento frana, avendo come solo collante la nostra ridicola arroganza, e ogni attimo in salute mi riempie, dai con sana retorica, di giovanile felicità.

Lo scherzo cardiaco mi ha reso più fragile e più bisognoso del prossimo; quel prossimo che spesso ignoriamo, ma che nel bisogno ti soccorre, ti salva con la sua professionalità, ti aiuta con pazienza, cordialità e ti ridà la speranza. Speranza e salute, binomio perfetto per tornare a dilettarmi di arte, cultura e castronerie.

Giuseppe Merlo