Riceviamo e pubblichiamo.

Siamo preoccupati per la piega che sta prendendo la questione del Depuratore del Garda Bresciano. Siamo preoccupati per questo commissariamento immotivato, piovuto dall’alto, che di fatto estromette la politica locale dalla gestione del proprio territorio.

La vicenda era partita male fin dall’inizio, quando la Comunità del Garda (una associazione tra alcuni comuni del Garda), autonomamente e con una evidente arroganza, aveva deciso due cose fondamentali che hanno lasciato il segno e continuano a lasciarlo su tutta la faccenda.

La prima: la gestione del sistema di collettamento e depurazione del Garda non doveva più essere unitaria, ma le due regioni Lombardia e Veneto ognuna avrebbe gestito autonomamente la propria parte, il Veneto tenendosi il depuratore di Peschiera e la sponda bresciana facendone uno o più di nuovi sul proprio territorio.

La seconda riguarda la parte bresciana: né il/i nuovo/i depuratore/i, né tanto meno le acque depurate, dovevano restare sul proprio bacino imbrifero, ma in un altro limitrofo, quello del Chiese. Senza nessuna giustificazione se non quella generica e fuorviante di “salvare la più grande riserva di acqua dolce italiana” e senza coinvolgere le amministrazioni interessate. (È come se uno, che ha la necessità di costruire un W.C. esterno alla casa, decidesse di farlo non sul proprio terreno, ma su quello del vicino, senza neppure chiederglielo!).

Le reazioni ad una simile decisione non potevano mancare, sia da parte di comitati ambientalisti che di diverse amministrazioni comunali, reazioni che avevano portato la Provincia e l’Ato a rivedere le proprie posizioni iniziali. Le cose si erano così un poco aggiustate: prima con l’approvazione della mozione Sarnico (che, seppur non riconosce il sacrosanto principio che la depurazione dei reflui deve fare riferimento al bacino imbrifero di provenienza, stabilisce che gli impianti consortili di depurazione siano localizzati nelle aree territoriali dei Comuni afferenti all’impianto stesso); poi con l’attivazione di un percorso partecipativo per giungere ad una soluzione più rispettosa dei territori e maggiormente condivisa. Soluzione che sembrava fosse stata trovata.

Ma siamo ad oggi: la proposta non piace alla presidente della Comunità del Garda e ministra Gelmini, che, forte della sua posizione e senza alcun dubbio sui suoi possibili conflitti di interesse in questa vicenda, chiede il commissariamento.

 E il governo prontamente glielo concede:  con decreto-legge del 23 giugno 2021, n. 92, art 4 (“Misure di accelerazione delle attività  dei  Commissari  in  materia ambientale”), il governo al comma 7, “al fine di  consentire  la  rapida  attuazione  del  sistema  di collettamento e depurazione  del  lago  di  Garda  e  la  conseguente tempestiva dismissione della condotta sublacuale, giunta  al  termine della propria vita  tecnica”, nomina il  Prefetto  di  Brescia “Commissario straordinario, …   per   la progettazione, l'affidamento e l'esecuzione delle nuove opere per il collettamento e la depurazione della sponda bresciana del lago di Garda.”

Un intervenendo a gamba tesa sul legittimo processo decisionale in atto da parte degli enti territoriali preposti. Un intervento che Gavardo in movimento ritiene ingiustificato e politicamente sbagliato, che può lasciare ferite aperte nel tessuto democratico locale e creare un solco più ampio tra cittadini e le istituzioni democratiche.

Su quale basi il governo ha valutato che il processo decisionale si stava sviluppando troppo lentamente? Su quali basi afferma che la sublacuale è giunta al termine della sua vita, visto che è stato chiarito una volta per tutte che la bomba ecologica della sublacuale, pronta a scoppiare da un momento all’altro, era una bufala a tutti gli effetti? (vedere anche il recente articolo di Massimo Tedeschi sul Corriere della Sera) E perché decidere di dismetterla e non, invece, di sostituirla?

Perché non rispettare la volontà dei territori e inserire nel decreto il vincolo di rispettare il criterio della territorialità stabilito dalla Provincia di Brescia (mozione Sarnico), l’ente a cui spettava per legge decidere - e lo aveva fatto-?

 Solo perché la ministra Gelmini non è di questo parere? Abbiamo un governo così facilmente “influenzabile”?
Che insegnamento di democrazia possono trarre i cittadini da questa vicenda?

C’è però ancora una possibilità per la politica di riscattarsi.

Il decreto deve essere convertito in legge con l’approvazione del Parlamento. Le forze politiche che hanno approvato la mozione Sarnico sono la maggioranza in parlamento. È chiedere troppo che le forze politiche locali facciano le debite pressioni presso i propri referenti nazionali perché si oppongano a questo commissariamento? Si può sperare che i parlamentari ascoltino i propri referenti locali e decidano di cassare il comma 7 dell’art. 4 del decreto o, almeno, di introdurre il vincolo contenuto nella mozione Sarnico?

Il Coordinamento di Gavardo in movimento

 

Nella fotografia una manifestazione degli anni scorsi