Pubblichiamo questa riflessione di uno studente liceale di Brescia, Daniele Campo, sui tragici fatti della Siria, invitando anche altri a inviare alla nostra redazione le loro considerazioni. Un grazie anche alla professoressa Luisa Castellazzo del liceo De Andrè.

Sono le ore 13.30.

Sono appena arrivato da scuola, la pasta è già nel piatto condita e mi siedo a tavola dopo aver ringraziato mia mamma con un bacio sulla guancia.

Come al solito la televisione è sintonizzata sul telegiornale.

Ma questa volta... questa volta mi scappa un urlo.

"Bombardamento chimico sulla cittadina di Khan Sheikhun in Siria. 58 morti tra cui almeno 11 bambini".

Stime provvisorie che si alzeranno fino al picco di 72 morti, di cui 20 bambini.

"Oggi no, non oggi vi prego"

Quella stessa mattina ero stato seduto anche da un'altra parte.

Ero arrivato a scuola attrezzato di macchina fotografica per poter immortalare questa giovane classe, la 2ªH LSU del mio liceo, il Liceo delle Scienze Umane "F. de André", e con le orecchie tese e attente a ciò che stavano per raccontarci.

Questi ragazzi sono rimasti talmente impressionati dalle iniziative del progetto "Non Uno Di Meno", che ha portato nella nostra scuola diverse realtà del territorio bresciano impegnate nell'accoglienza profughi e migranti in generale, che si sono domandati: perché sta succedendo tutto questo? Qual è la causa? Cosa sta accadendo in medio oriente veramente?

Però, a differenza della maggior parte della gente, hanno voluto cercare queste risposte e condividerle con noi in quello che è stato "Save the Syria", una vera e propria ricerca storica restituita dagli studenti agli studenti, esempio lampante di come i giovani possano veramente fare la differenza all'interno degli ambienti che loro stessi frequentano.

E loro di questi gas ne hanno anche parlato; degli effetti che hanno sulle persone. E quasi mi sentivo io stesso soffocare a sentire queste parole.

Hanno parlato della situazione creatasi in Siria e della situazione attuale, dopo sei anni di conflitto armato.

Hanno parlato di Assad e dell'Isis, con tutte le sue divergenze, ma anche delle alleanze internazionali e dei diversi schieramenti. Ci hanno raccontato di come e cosa fosse questo paese prima della guerra, della sua cultura, della sua arte...

Ci hanno parlato delle persone.

Ci hanno parlato dei bambini, senza retorica e facili sentimentalisti, senza rivolgersi alle nostte “pance”, ma alle teste e ai cuori.

Ma dove diavolo siamo stati fino ad ora?

"Dobbiamo costantemente adattare le nostre vite. Le scuole le abbiamo spostate sotto terra. I centri medici devono farcela con quello che hanno."

E noi che ci lamentiamo di tutto, nella nostra esistenza.

Ripenso a me, a quel bacio che ho dato a mia mamma e penso a quei venti bambini le cui madri non riceveranno più nemmeno uno sguardo.

Penso al nome dell'iniziativa nella quale si inserisce tutto questo magnifico lavoro: "Illuminiamo il futuro", promossa da Save the Children.

Forse sarebbe ora. Sarebbe ora di illuminare questo maledettissimo futuro facendo luce sul presente. Ed è meraviglioso che siano ragazzi che hanno appena incominciato a intravedere cos'è il mondo ad interessarsi tanto al suo funzionamento, alle sue ingiustizie, alle sue sofferenze.

Siamo studenti di Scienze Umane, ma in questo momento si vede spesso e volentieri solamente disumanità.

Posso solo ringraziare questi ragazzi che, con la loro spontanea curiosità hanno dato tutto ciò che era necessario per renderci partecipi di questa storia, che in fin dei conti è la nostra.

Auguro loro la capacità di preservare questa voglia di capire e di voler condividere con gli altri la loro volontà di ricerca.

Daniele Campo