La giornata mondiale della gioventù si è conclusa con la messa di domenica mattina presieduta da papa Francesco. In questi giorni i ragazzi stanno ritornando ai loro paesi con il mandato di viverla nelle proprie case e nel proprio ambiente. Oggi lasciamo spazio a loro, con le testimonianze raccolte sul pullman che da Cracovia li riportava a Bedizzole.

 

Una notte all’aperto, a contemplare le stelle polacche – perché grandi dormite sono impossibili viste le condizioni – e poi l’attesa della messa. Alberto, giovane vicentino incontrato al campo, racconta di musiche caraibiche a tutto volume per favorire il risveglio. «Tutto è stato “bello fèss” – cerca di esprimersi come i bresciani gli hanno appena insegnato – mi sono commosso e ho capito ciò di cui ho bisogno nella mia vita».

Alle 10 inizia la messa, in cui un papa sorridente e visibilmente soddisfatto sprona i giovani a vivere in pienezza, nella gioia e nella curiosità perché «Dio non si rassegna a vedere un giovane spento» e «a Lui non si può rispondere con un semplice messaggino». Sara, 16 anni, ricorda con precisione uno dei passaggi salienti dell’omelia: «Mi ha colpito molto quando il papa ha detto che siamo importanti per ciò che siamo e non per ciò che abbiamo. Inoltre mi ha emozionata quando ha aggiunto che io valgo agli occhi di Dio e il mio valore è inestimabile».

Dopo la consueta camminata sotto il sole (chi aveva l’applicazione sul telefono ha contato più di 110 km in una settimana), i giovani si preparano a partire. Sono esausti, ma pervasi da felicità ed entusiasmo e qualcuno prova già un pizzico di nostalgia. Chiara e Monica, responsabili del gruppo insieme al curato don Giovanni, sottolineano che accompagnare è un po’ vivere l’evento in seconda persona. «Ci è piaciuto farlo – continuano – per poter dare a questi giovani la possibilità di vivere intensamente la GMG. Vedendo la loro gioia e sentendo i commenti e le riflessioni ci pare di essere riuscite. Non per questo non l’abbiamo vissuta noi, anzi, portiamo a casa una ricchezza immensa di pensieri, sguardi e relazioni notevoli che ci spronano a continuare su questa strada. Grazie a tutti». Avrebbero molto altro da aggiungere, ma ritengono doveroso lasciare spazio ai “giovani di Bedy”, visto che tutti hanno risposto all’invito a diventare nostri cronisti e in questi giorni “magici” hanno inviato a getto continuo messaggi, audio e fotografie. A questo proposito chi scrive desidera rivolgere un grazie speciale a Matteo, 17 anni, che ha inviato quotidianamente foto significative e coloratissime. «Mi hanno affidato il compito di fotoreporter – precisa lui – e mi sono divertito a scattare. Nelle foto tuttavia non si riesce a contenere tutta la folla di giovani che c’era e neppure la loro gioia, né la fatica provata. Però ciò che importa è la partecipazione e l’allegria con cui ci siamo rigenerati nei momenti di maggior fatica».

A proposito di disagi e fatica, interviene Elena, 16 anni, che ammette di aver provato ansia e rabbia soprattutto quando dipendevano dalla disorganizzazione, ma aggiunge di aver «trovato un perché a tutte le difficoltà. Gli imprevisti ci hanno fatto assaporare più intensamente le piccole cose belle che nella quotidianità diamo per scontate. Anche una doccia calda è una conquista che può far provare felicità immensa: la si apprezza e si ringrazia perché è un dono. Quindi – conclude – si può dire che gli imprevisti abbiano fatto la differenza». Anche Gaia, altra 16enne, sottolinea le diversità tra le giornate di Cracovia e il quotidiano: «Era incredibile la facilità con cui si riusciva a fare amicizia sia con stranieri che con italiani, mentre a casa l’approccio non è così immediato. Era strano, ma bello, come sembrasse di conoscersi da sempre, tanto che appena si incrociava un gruppo si cominciava a chiacchierare, per poi cantare i propri cori, confrontarli e impararli reciprocamente. I cori, tra l’altro, ci hanno confortato durante le lunghe code in attesa dei pasti».

Come in ogni gruppo che si rispetti, anche tra i bedizzolesi c’erano quelli sempre pronti a intonare canzoni: Luca e Kevin, 18 anni, Riccardo e Gabriele, 17: «Siamo i capi ultras del gruppo – intervengono insieme – e negli spostamenti chiudevamo la fila. Dal fondo, anche quando eravamo esausti, facevamo partire i nostri cori che tutti seguivano. E così, cantando insieme, incitavamo gli altri nel cammino». Ma forse non erano solo le loro note a rinfrancare i compagni. «Con tutti i chilometri macinati – precisa Alessia, 22 anni – ci siamo fortificati nel corpo, ma anche nello spirito e nella fede. Si sentiva che Qualcuno ci sosteneva e ha fatto in modo che andasse tutto per il meglio. Vedere tanti giovani insieme fa capire il concetto di Chiesa e dà forza, coraggio e speranza, oltre che allegria. Mi sento debitrice per tutto quello che ho ricevuto».

Sono molti i ragazzi che hanno evidenziato l’aspetto dell’incontro con i coetanei. «Conoscere persone di altri paesi – afferma Eleonora, 16 anni – è stata un’esperienza che ha lasciato il segno ed è stato bello confrontarmi con i loro punti di vista. Se siamo uniti possiamo cambiare il mondo perché tutti vogliamo la pace e non abbiamo paura». «Mi è piaciuto molto – aggiunge Claudia, 16 anni – cantare i cori tutti insieme battendo le mani, ci dava una carica immensa e ci faceva sentire come un’unica grande famiglia». A questo proposito Chiara, 16 anni pure lei, racconta un aneddoto: «Eravamo sul tram con ragazzi francesi e all’inizio ci sfidavamo con canzoni “nazionali”, poi abbiamo scelto la stessa canzone e ognuno l’ha cantata nella propria lingua. È stato divertente ed emozionante». Naturalmente, l’inno della GMG è stato uno dei canti più gettonati e le stesse note risuonavano ovunque in decine di idiomi diversi. «Una sera sul treno – ricorda Laura, 26 anni – quasi non riuscivamo a contare in quante lingue lo stavamo cantando. Sono alla seconda GMG e ogni volta vivo giorni indimenticabili custodendo il ricordo di incontri significativi. Quest’anno, per esempio, è stato emozionante conoscere ragazzi di Hong Kong che ci hanno regalato le loro spille. Tornerò con le pile della fede ricaricate e l’orgoglio di essere stata in mezzo a tanti giovani».

Alessandro, 16 anni, riflette sulle condizioni di coetanei meno fortunati: «Vedere ragazzi di nazionalità diverse mostrare con soddisfazione le proprie bandiere mi ha trasmesso forza contro le tragedie di questi giorni, perché ci sentiamo uniti sotto il segno della croce. In particolare, mi hanno colpito i giovani che si sono messi in viaggio da Paesi in cui i cristiani sono una minoranza o addirittura sono perseguitati: Corea, India, Cina, ma soprattutto Siria (nella foto bandiere siriane), Iraq, Libano, Kuwait. Essere cristiani in quelle terre deve essere davvero difficile, ma qui anche loro vivevano la nostra gioia, erano pellegrini orgogliosi di far vedere da dove venivano». Federico, 19 anni, esprime le sue considerazioni sul comportamento della gente: «Da questa esperienza ho capito che le persone a volte ritenute chiuse in realtà hanno paura o sono frustrate. A Cracovia c’erano tanti cristiani felici di esserlo e mi è piaciuto moltissimo quando gente sconosciuta mi veniva incontro per un semplice abbraccio o per lo scambio di oggetti del proprio paese».

Francesca, 21 anni, richiama l’attenzione non solo sulle esplosioni di gioia, ma anche sui silenzi: «Solo alle GMG ho sentito il silenzio incredibile di due milioni di persone e in quel silenzio si sente Dio. La sua presenza è viva anche mentre si canta, gioisce e acclama, certo, ma il silenzio impressionante che si crea lo fa percepire ancora di più. Un altro aspetto che a Madrid non avevo vissuto è stata la condivisione di momenti salienti con la nostra diocesi. Ci siamo sentiti parte di un gruppo più grande e nello stesso tempo si è rafforzata la nostra identità. Con questo senso di appartenenza ogni giorno ho potuto osservare e conoscere gli altri sotto nuove sfaccettature che mi hanno arricchita. Questo vale soprattutto per la fede altrui, infatti non esiste la visione in bianco e nero – fede sì o fede no – ma anime straordinariamente diverse e proprio per questo bellissime». Catherine, 16 anni, richiama la parola chiave dell’intera esperienza: «La misericordia non è facile. Ci vogliono pazienza e fiducia, capacità di perdonare senza perdersi d’animo, impegno a divenire seminatori di speranza. È stata una gioia per gli occhi vedere tutti questi ragazzi che si sono lasciati invadere dall’amore di Dio e hanno donato un po’ di sé agli altri». Un’altra sedicenne, Martina, insiste su come la GMG aiuti anche a guardarsi dentro e a cambiare: «Mi ha dato possibilità di riflettere scoprendo nuovi aspetti di me e ho imparato quanto sia importante fare il primo passo, soprattutto nel perdono, anche se si sa che non sempre si riceverà un grazie. Torno a casa diversa, come ci avevano augurato il nostro parroco don Franco e lo stesso vescovo Luciano. Sono pronta a incendiare la città con una nuova Martina!».

Michele, 21 anni, ammonisce a non dimenticare la croce, da cui nasce l’ottimismo del cristiano perché il Signore ha vinto la morte: «Tra le tante, tantissime emozioni, esperienze, vicissitudini di questi giorni vedere centinaia di migliaia di persone riunite intorno alla croce è stata l’esperienza che mi è rimasta nel cuore più di ogni altra. Questi giorni di fratellanza e condivisione sono stati l’incontrovertibile testimonianza per il mondo intero di speranza e di fiducia, in grado di abbattere i muri di terrorismo, paura, timore e odio, per costruire ponti di pace». A don Giovanni, curato e capocomitiva, il compito di tirare le somme: «Abbiamo vissuto un’esperienza unica, con momenti di diverso spessore in cui ognuno ha condiviso qualcosa di sé. Ci siamo arricchiti di volti, sorrisi, battiti di mani, abbracci gratuiti e questo ci ha permesso di crescere molto anche come gruppo. Ora dobbiamo portare l’impronta della GMG nel quotidiano, regalando un sorriso o una mano sulla spalla all’amico che ci aspetta, senza perdere tempo ed energie a lamentarci. Il mondo ha bisogno di nuovo slancio, speranza, voglia di sognare. E se i sogni sono desideri, il nostro sogno è il desiderio di rendere più bella la nostra vita e quella degli altri».

Penso a una delle ultime affermazioni del papa durante la messa, a quanto sia triste, cioè, vedere un giovane senza gioia perché non vuole rischiare. Se il segreto della felicità è mettersi in gioco, questo gruppo di giovani lo sta già sperimentando. Bastava guardare i loro occhi all'arrivo: la gioia contagiosa di chi non accetta di farsi anestetizzare l'anima, una gioia che porterà di sicuro buoni frutti.

Giovanna Gamba

Un grazie speciale ai giovani cronisti che mi hanno fatta sentire in mezzo a loro per tutta la settimana e in particolare a Marta e Fabio (21 anni), Elisa e Alice (20), Sara (17) e Beatrice (16), già intervenuti nei giorni scorsi con le loro preziose testimonianze.

La cronaca giorno per giorno nei nostri precedenti articoli:

GMG: giovani "cronisti" bresciani di 51news in partenza per Cracovia

Da Madrid 2011 a Cracovia 2016: emozioni alla partenza

GMG: l’arrivo dei ragazzi bresciani in Polonia

GMG: camminando per le strade di Cracovia 

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