Non solo ostacoli, paure, diffidenze: incontrare nuovi popoli e culture è un’aspirazione naturale dell'animo umano. Se certi tragici fatti di cronaca non spegneranno il desiderio di viaggiare, se la sete di conoscenza non sarà soddisfatta solo a colpi di mouse davanti a uno schermo, se gli uomini continueranno con passione a dialogare con i propri simili vicini e lontani, riconoscendo tutti come compagni di viaggio, uguali benché diversi... Ecco, se tutto questo resterà vivo, allora saranno sempre di più le storie di speranza come quella di Marcello e Mika. 

Marcello Bertocchi, classe 1987, studia Lingue orientali a Venezia. Ama da sempre la cultura giapponese, quindi non esita a trascorrere del tempo nell'impero del Sol Levante non appena gli si presenta un'opportunità. Compie il primo viaggio a 21 anni, durante il secondo anno di università, restando in Giappone un mese per un'esperienza di volontariato insieme a giovani di tutto il mondo, oltre che giapponesi. Obiettivo: costruire una colonia per bambini in campagna, risiedendo tutti insieme in una fattoria durante i lavori.

 

Dopo la laurea triennale torna in Oriente per due anni e mezzo, ma non risiede nei collegi studenteschi: vuole essere a contatto con la quotidianità giapponese, penetrando senza filtri né paracadute in quel mondo così lontano. Condivide dunque un appartamento a Tokio con un amico giapponese, conosciuto durante la precedente esperienza. «In quei soggiorno – ricorda Marcello – per la prima volta mi sono reso conto di cosa significhi sentirsi diversi: i miei tratti occidentali erano spesso gli unici per la strada o negli ambienti che frequentavo, quindi mi sentivo sempre riconosciuto a vista, cosa che non ci capita in Europa o negli Stati Uniti». 

Tra visti turistici e visti di lavoro, i viaggi si moltiplicano fino a diventare una ventina. Sono gli anni in cui Marcello diventa allenatore di calcio per bambini, insegnante di italiano per la Dante Alighieri, collaboratore part-time in un ristorante italiano (gestito però da giapponesi!). «Nel paese del Sol Levante gli italiani sono ben visti e viene apprezzata la nostra giocosità. Presentarsi come italiano garantisce sempre un ottimo approccio con chiunque» sottolinea Marcello con gli occhi che sorridono.

 

Di questo periodo non cita alcuna difficoltà, se non quella di ottenere il visto di lavoro atteso per circa sei mesi. A tutto il resto era infatti preparato, non soltanto grazie alle abilità linguistiche, ma soprattutto per le basi culturali che gli hanno permesso di comprendere il modo di vivere in quel paese. «Gli stessi giapponesi, del resto, sono disponibili e cercano di aiutare lo straniero, anche se la maggioranza non conosce l’inglese e parla solo giapponese. La loro riservatezza non oscura mai la generosità che li contraddistingue». 

Una sera come tante, nel 2010, Marcello partecipa a una festa e un’amica italiana dei tempi di Ca’ Foscari gli presenta una compagna dell’università di Tokio: si chiama Mika, ha 23 anni come lui, ha studiato spagnolo e inglese e ora sta per conseguire la laurea specialistica in interpretariato. «La buona reputazione di noi italiani mi ha aiutato - scherza il ragazzo - e inoltre parlavo giapponese, il che è abbastanza raro». Con gradualità e naturalezza nasce quella che Marcello definisce “una storia normale”, che in realtà è un rapporto a distanza durato ben quattro anni. Nel 2011, infatti, lui deve tornare in Italia per concludere la laurea specialistica e da allora ogni volta che i due hanno soldi e tempo viaggiano per incontrarsi, una volta ogni tre mesi circa.

 

Nel frattempo lei finisce gli studi e trova subito lavoro in una compagnia elettrica, un posto prestigioso che promette anche una buona carriera. Con il passare del tempo, però, nonostante l’ottimo stipendio, l’ambiente di lavoro non la soddisfa e Mika comincia a fare progetti alternativi. È il momento della scelta e, visto che comunque avrebbe voluto cambiare lavoro, tanto vale provare con il grande salto: decide che sarà lei a lasciare il proprio paese. Da Tokio, dove ha studiato, e Fukuiama (a 150 km circa da Hiroshima), dove risiede la sua famiglia, al paese di Rezzato, dove vive Marcello: un salto da togliere il fiato, che infatti Mika affronta con l’assicurazione che niente è definitivo e che, se lei vorrà, Marcello è pronto a seguirla nella direzione opposta. 

«Lei ha viaggiato molto -precisa Marcello - ma non ha mai abitato all'estero. Non parlava neppure l’italiano, all’inizio dipendeva in tutto da me». Ora invece si è adattata, aiutata anche dalla naturale riservatezza che la fa stare bene con se stessa senza bisogno di troppe relazioni sociali. Inoltre, lavora su una piattaforma internet realizzando traduzioni e analisi in inglese o giapponese e le soddisfazioni per lei si stanno moltiplicando. Anche la vita familiare è stata un succedersi continuo di “terremoti”: arrivata in Italia a fine gennaio 2015, Mika si sposa in Comune il 14 febbraio, mentre a maggio gli sposi danno vita a una cerimonia allargata con gli amici, i congiunti e anche i parenti di lei giunti dal Giappone. A giugno lei è già incinta e il 26 febbraio è nata la piccola Midori che fino a 18 anni avrà doppio passaporto e poi sceglierà la cittadinanza che desidera, non potendo averla doppia: tra Italia e Giappone, infatti, non esistono accordi in merito.

 

Marcello snocciola a lungo usi e costumi di una società così lontana e molto affascinante. Declina poi la propria vicenda in quel contesto, una vita catapultata in una tradizione familiare diversa e inizialmente impreparata allo sconquasso: il padre di Mika, dentista, si aspettava un genero della sua stessa professione, come accade spesso (magari avrà ancora una possibilità con la seconda figlia, di un anno più giovane rispetto alla sorella e golfista professionista). La madre, una pianista che ha rinunciato alla carriera per la famiglia, ha saputo gestire con equilibrio le iniziali difficoltà, accogliendo Marcello con affetto e, ora, volando in Italia subito dopo la nascita della nipotina, per essere di aiuto in un momento così delicato. Midori a giugno affronterà il suo primo volo intercontinentale: 11.000 km per la prima vacanza nella terra della mamma, dove resterà fino a settembre. Poi torneranno tutti insieme a casa, perché adesso il loro nido è a Rezzato e così lo sente anche Mika, al punto che ora quando va in Giappone dopo un po’ ha voglia di Italia!.

Quanto è difficile gestire un rapporto se si viene da mondi così lontani? «In realtà - precisa Marcello - finora abbiamo incontrato le stesse difficoltà vissute anche dalle altre coppie, dovute più alle differenze caratteriali che al fatto di essere coppia mista. Inoltre, avendo vissuto molto all’estero, siamo entrambi abituati a entrare nei panni dell’altro, a non dare nulla per scontato, a mettere in campo sempre e comunque un grande spirito di adattamento». Tra l'altro, ci sono anche punti di forza considerevoli: «Per esempio - scherza - avere una scelta molto più ampia e varia nel menù quotidiano». Un’ultima curiosità: Marcello si rivolge sempre a Mika in giapponese per non stressarla troppo (deve già interagire con il resto del mondo in italiano!), almeno finché lei non comincerà a pensare in italiano. Quando però sorgono discussioni, allora si passa rigorosamente all’inglese, lingua neutra, perché altrimenti lei sarebbe avvantaggiata. 

Si fa fatica, però, a immaginare questa donna arrabbiata: Mika si scrive con caratteri che indicano bellezza ed eleganza, spiega sorridendo - e quasi con orgoglio - suo marito. Vedendola, si pensa subito che mai nome poteva essere più azzeccato: sembra una principessa, raffinata e dolcissima, e quando sorride i suoi occhi riflettono la luce del mondo. Le auguriamo che il mondo che l’ha accolta sia sempre sorridente con lei e con la sua nuova famiglia.

Giovanna Gamba