Arrivare alla sede della veglia non è impresa facile e buona parte della giornata di sabato viene infatti dedicata al “pellegrinaggio” verso il Campus Misericordiae. I ragazzi camminano dalle 11 alle 17:30, coprendo una distanza di circa 20 km. Il sole scotta, il caldo affatica e sfinisce, zaino e sacco a pelo sembrano diventati di piombo, le strade sono un fiume di ragazzi in movimento e la ressa fa sembrare che le temperature siano ancora più alte.

Eppure proprio nel momento del disagio si tocca con mano la generosità del popolo polacco: sono moltissime le persone, anche anziane, che si posizionano ai lati della strada e sostengono come possono i ragazzi. Qualcuno li bagna con i getti d’acqua, qualcun altro offre stuzzichini per rifocillarli o qualche bevanda. Una ragazza ha bisogno urgente di un bagno e subito una signora le apre le porte della propria casa; lei non sa come ringraziarla – anche perché comunicare verbalmente è impresa impossibile – e vorrebbe ricompensarla in qualche modo, ma la donna la travolge in un abbraccio. Allora ecco l’idea: regalare alla signora uno degli ultimi gadget portati dall’Italia da scambiare con chi si incontra. Un altro abbraccio ancora più affettuoso per i saluti e il sorriso della polacca “misericordiosa” resterà indelebile nella memoria.

«Il cammino è stato davvero pesante – commenta Eleonora, 16 anni – ma è stato bello vedere gente di tutti i paesi che sorrideva, cantava e suonava nonostante la stanchezza. Tutti trasmettevano allegria e si sostenevano a vicenda». «Verso la fine – racconta Francesca, 21 anni – abbiamo incontrato un ragazzo belga che camminava da più di sette ore. Era stanco e accaldato, ma ci ha detto che gli dava forza sapere che tutti stavano camminando verso la stessa meta, tutti andavamo a incontrare Cristo Signore. In quel momento anche noi eravamo molto affaticati e nel gruppo c’era chi aveva qualche malessere fisico, temevamo addirittura di non arrivare in tempo per entrare al Campus. Eppure, al di là di tutto, abbiamo continuato. Ci siamo perfino detti che stavamo sperimentando un dono dello Spirito Santo che ci dava una forza inaspettata. E alla fine perfino quel cammino sfiancante ha avuto un senso perché ci ha permesso di toccare con mano la gentilezza e la generosità di tanti polacchi. Ci avevano parlato di un popolo chiuso e invece li abbiamo visti affacciarsi alle finestre per salutarci e fare di tutto per alleviare la nostra fatica».

Alla veglia testimonianze e immagini spettacolari sono solo il preludio alle parole del papa, che catalizzano immediatamente l’attenzione di tutti. Sono intense ed espresse con il linguaggio dei giovani, perciò non solo vanno dritte al cuore, ma vengono comprese immediatamente e ricordate con precisione. Elisa, 20 anni, racconta i passaggi salienti del discorso mentre lo commenta: «Coinvolgendoci fin dall’inizio, il papa ci ha fatto capire che i protagonisti di quanto andava dicendo eravamo noi. Molti di noi, per esempio, credono che un comodo divano porti la felicità, mentre – dice il papa – questo fa di noi degli imbambolati, che permettono ad altri di decidere il nostro futuro. Mi è piaciuto il fatto che ci rivolgesse domande dirette perché ci ha resi partecipi e fatti sentire uniti».

Sono molte le immagini evocate da papa Francesco, come quando invita a lasciare un’impronta oppure chiede di essere giocatori titolari: Dio accetta solo i titolari, non c’è posto per le riserve che vogliono stare in panchina! O ancora quella del museo: Gesù non guarda il nostro passato ma ci proietta nel futuro, mai al museo. «Sono tutte espressioni significative – continua Elisa – esempi chiari che rendono l’idea anche visivamente. È stato molto suggestivo anche il ponte umano che abbiamo costruito per unirci, prendendoci per mano e alzando le braccia al cielo. Alla fine abbiamo acceso una candela e questo ci ha fatto sentire tutti protagonisti, come se, pur nella diversità e disomogeneità, potessimo essere la luce che cambia il mondo. Era molto suggestivo il contrasto tra il buio della notte e la luce che siamo chiamati ad essere. Il papa ci ha invitati a lasciare un’impronta ed è stato lui il primo a lasciare un segno in noi e nella nostra vita. Ero così partecipe e coinvolta che una veglia di due ore e mezzo mi è sembrata durare solo mezz’ora!».

Nell’enorme distesa colorata e punteggiata da bandiere di ogni parte del mondo, papa Francesco rivolge ai ragazzi la più semplice e impegnativa delle domande: ci stai? E vuole sentire una risposta vigorosa, non fiacca, al punto da incalzarli a ripeterla più volte. Alla fine, il suo saluto è commovente: «Il Signore benedica i vostri sogni». 

Giovanna Gamba