In una delle prime giornate estive, decidiamo di intraprendere questo lungo trekking. Partendo da Gavardo dove risiedo, raggiungiamo in circa un’ora e 10 minuti di macchina il Passo Maniva. Da qui percorrendo la strada per Passo Crocedomini, giungiamo al Passo delle Bastie, dove su un curvone lasceremo la nostra macchina.

Attraversiamo la strada principale, per immetterci su quella forestale qui incontriamo il Casermone di Pian delle Baste, località di partenza della nostra escursione a 2030 m, essa si trova su un vasto e panoramico pianoro alle pendici dei Monti Dasdana e Colombine. Dal Casermone, tramite il Sentiero numero 80 e il sentiero delle 3V, raggiungiamo a quota 2036 mt, il Goletto di Cludona, (dove troviamo le indicazioni alla nostra destra, per raggiungere in pochi minuti il Bivacco Grazzini a quota 2020 mt, oppure il Monte Colombine a quota 2217 mt, la vetta più alta della Val Trompia, raggiungibile in circa un’ora) in poco più di un’ora e su sentiero pressoché in piano dal luogo di partenza, giungiamo al Passo delle Sette Crocette a quota 2041mt entrando nella Val Grigna. Spazi aperti, colori e panorami ci lasciano senza fiato. Fin qui tutto molto semplice, godendo dell’immenso davanti a noi.

Il Passo Sette Crocette viene così chiamato, per via di un antico muretto a secco con 7 piccole croci in ferro e con un cippo datato 1668, a tutt’oggi resta un mistero il significato di questo muretto con le 7 croci conficcate all’interno. Alcune storie lo attribuiscono a un segno della pietà montanara, a spiritismi, miti e leggende popolari che parlano di streghe e di banditi (personalmente la prima volta che lo vidi pensai fosse una sorta di tomba comune visto che era zona della Grande Guerra). Questo valico ha segnato in diversi periodi, un’importante via di collegamento fra l’alta Val Trompia e tutta la Val Grigna. Infatti a quei tempi, venivano praticati i commerci dei prodotti dell’alpeggio ed il passaggio del bestiame.

Da qui partono diversi sentieri, tra cui la variante che ci lasceremo a sinistra classificata per “per esperti” e che porta alla vetta del Monte Crestoso (2207m). Prendiamo quello di destra, esso costeggia la cima appena citata fino a raggiungere il passo Crestoso, situato fra appunto l’omonimo Monte e il Monte Colombino. Superato il passo con una leggera discesa e costeggiando una piccola radura con piccoli ruscelli ancora innevati, raggiungiamo la prima traccia del vissuto di San Glisente. La Nicchia di San Glisente. Si narra, che dopo qualche anno dalla morte di Glisente, dei triumplini tentarono di trafugare la sua salma per portarla a Collio, ma vennero investiti da una forte nebbia e tempesta impedendogli di proseguire. Inoltre, si resero conto di essere diventati cechi. Gli uomini si spaventarono, e allora iniziarono a pregare, chiedendo al Signore di perdonarli. Da lì a poco riacquistarono la vista. Decisero allora di abbondonare la salma sotto un affranto roccioso, conosciuto appunto come la Nicchia di San Glisente. Il giorno seguente gli abitanti di Berzo inferiore recuperarono il suo corpo e lo portarono alla Chiesa di San Lorenzo affinchè, non venisse più trafugato. Qui il percorso si divide nuovamente in più sentieri i quali, ma noi prendiamo quello centrale, irto, esposto, ma di un’immensa panoramicità, proseguiamo attraverso e sulla dorsale, da dove alla nostra sinistra vediamo all’interno di un'altra vallata il secondo Bivacco Fop de Cadì (il primo è il Bivacco Bassi). Proseguiamo su saliscendi che ci fanno raggiungere la Colma di San Glisente (2146 m).  Per la sua posizione appartata e balconata, si legge che fosse in grado di agevolare l'elevarsi delle anime a Dio. Si dice anche che in questo luogo fu frequentato da un monaco, che lontano dall’abitato praticò l’eremitismo. Dalla Colma in circa mezz’oretta si arriva all’Ermo di San Glisente, la Cripta e il Bivacco. Tutto questo situato su un promontorio sopra Berzio Inferiore e gran parte della Valcamonica. L’eremo, la chiesa, la cripta e tutto quello intorno è gestito dall’ Associazione i Lupi di San Glisente.

 

San Glisente, l’eremo e la cripta ( tratto da due passi del mistero2 )

Chi era San Glisente?

San Glisente fu un nobile camuno di origine franca stanziate in zona, probabilmente epigono dei signori di Berzo, discendenti da una delle tre famiglie franche di Esine, citate nella donazione di Giselberto del 979. Costoro, nel sec. XI erano stati investiti, e divennero poi proprietari di vasti possedimenti che il monastero di S.Pietro in Monte aveva ricevuto in dono dall'Arciprete di Manerbio, Arderico, fra cui le montagne pascolive di Val Gabbia, Cavale e Roncole, confinanti con i territori di Bienno e di Esine. Fu probabilmente sul monte Roncole che il nobile Glisente, seguendo l'esempio di S.Costanzo, S.Obizio e molti altri, si ritirò a vita di preghiera e di meditazione (ponendosi in aperta rotta di collisione con la società guerriera e violenta dell'epoca), svolgendo apostolato fra i molti pastori e i mandriani che vivevano su quei monti e soccorrendoli, consigliandoli e scendendo a Berzo soltanto la domenica e lungo l'inverno. Sul monte poi sarebbe morto e sulla sua tomba venne edificata la prima chiesa.

La Chiesa e La Cripta

L'antichissima chiesetta romanica costruita sopra la cripta, dal rustico e asimmetrico profilo a capanna, presenta un'architettura improntata a rigorosa semplicità e rusticità, senza alcun notabile dettaglio, in qualche modo contrastante con la palpabile grandiosità del luogo. L'interno, estremamente povero, rimesso a nuovo e lindamente dealbato, è diviso in due campate ad arco acuto. Non rimane traccia degli affreschi interni. Grazie a un accesso separato sotto la chiesetta, si raggiunge, percorrendo un lungo e stretto cunicolo scavato nella roccia (posto sotto la facciata principale), la grotta entro la quale è scavata una cripta di elevata suggestione, dove si dice abbia abitato e pregato il santo (che viene ricordato, con grande afflusso di fedeli, l’ultima domenica di luglio) e dove si trova una tomba a lui attribuita Un primitivo luogo scavato a caverna, ubicato sulla cima d'un monte dal vertice tondeggiante e verde fino alla sommità. Dunque un luogo magico per natura, da dove la divinità poteva rivelarsi irata, col fragore del fulmine e del tuono, ma anche benevola col sorriso dei rosei tramonti della sera che preannunciavano il bel tempo del domani.

Sonia Piccoli