Domenica 5 novembre alle 20:30, presso il Teatro Salone Pio XI, il Teatro Gavardo presenta una serata in ricordo di don Pierluigi Murgioni a 30 anni dalla sua scomparsa. Testo di John Comini, in scena Andrea Giustacchini e Paola Rizzi.

Lo scorso 2 novembre sono stati 30 anni senza di lui, ma il ricordo di un uomo eccezionale, mancato a soli 51 anni, è sempre vivo in chi lo ha conosciuto o ha seguito le sue vicende. La ricorrenza ha suggerito a John Comini l'idea di una rappresentazione teatrale dedicata a lui, "un sacerdote - precisa l'autore e regista - che ha lasciato un segno indelebile per il coraggio con cui ha testimoniato la sua fede". Su iniziativa della parrocchia di Gavardo e grazie a don Italo Gorni, gli attori Andrea Giustacchini e Paola Rizzi interpreteranno dunque il testo tratto dal libro di Anselmo Palini “Dalla mia cella posso vedere il mare” e da lettere e documenti di Pino Murgioni, fratello di don Pierluigi. 

Il sacerdote bresciano partì missionario nel 1968 per la diocesi di Melo, in Uruguay. Nel ‘72 venne arrestato con il confratello don Saverio Mori, di Lumezzane, e sottoposto a sevizie e torture nelle carceri della dittatura, per il semplice fatto di aver predicato i valori del Vangelo con la parola e l'esempio e aver denunciato pubblicamente le violazioni dei diritti umani in quel paese. Mentre don Saverio venne liberato dopo alcuni giorni, don Pierluigi restò in carcere per oltre cinque anni. Negli anni ’70 in molti paesi latinoamericani, retti da una dittatura militare, predicare il Vangelo significava essere considerato un pericoloso sovversivo. Il vescovo di Brescia, mons. Luigi Morstabilini,  papa Paolo VI e il governo italiano tentarono di ottenere la liberazione del sacerdote con diversi interventi. Tutto inutile: per lunghi anni nessuna pressione diplomatica riuscì ad attenuare le condizioni di detenzione di don Murgioni, che anzi venne spesso punito per l’intransigenza delle sue convinzioni e la determinazione dimostrata di fronte agli aguzzini. Nei terribili anni di detenzione, tuttavia, don Murgioni non si scoraggiò e divenne addirittura un punto di riferimento per gli altri detenuti che ammirarono la sua coerenza, la sua forza nel resistere ai soprusi, la sua dignità. 

«Nella sua serenità - osservò padre Baresi, originario di Gavardo, uno dei pochi che visitò il confratello - sembrava sfidare l’arroganza dei soldati». Don Pierluigi venne liberato nell’autunno del 1977 e subito espulso. Ritornato in Italia, fu prima assegnato alla parrocchia di San Faustino a Brescia, quindi nel 1981 raggiunse Ghedi, come coadiutore del parroco mons. Giacomo Pernigo, dove rimase fino al 1989. In quell’anno il vescovo Bruno Foresti lo nominò parroco di Gaino e Cecina di Toscolano. Nel 1993, colpito da una grave malattia, don Murgioni raggiunse la casa del Padre il 2 novembre 1993, a soli 51 anni di età. È sepolto con mons. Giacomo Pernigo nel piccolo cimitero di Gaino. A distanza di 30 anni sono ancora moltissime le testimonianze che mantengono vivo il suo ricordo ed è di particolare conforto sapere che a Ghedi per ricordare il suo operato fu costituita negli anni Duemila l’Opera don Murgioni, poi divenuta Cooperativa e ora confluita nella Casa della Misericordia, che riunisce una serie di realtà operanti nel campo del volontariato. 

Ieri sera, 3 novembre, a Gaino è stata celebrata una messa in ricordo di don Pierluigi, mentre mercoledì 8 novembre alle 20 un'altra messa sarà concelebrata a Gavardo dal parroco don Italo Gorni, da mons. Cesare Polvara e da don Flavio Saleri.