Bergamo e Brescia sono i territori che, in Italia, hanno pagato al Covid-19 il prezzo più alto. Due delle province più dinamiche economicamente e più avanzate per la qualità degli ospedali, tra la fine di febbraio e il maggio del 2020 hanno retto l’urto spaventoso di un virus che in quest’area e in poche settimane ha visto più vittime dell’intera Seconda Guerra mondiale e scene strazianti inimmaginabili. Sin dall’inizio Massimo Tedeschi si è fatto cronista e interprete di questo drammatico periodo. Giornalista e saggista, già caporedattore del “Corriere della Sera” e responsabile del dorso bresciano del quotidiano, ha raccolto il suo lavoro nelle pagine de “Il grande flagello. Covid-19 a Bergamo e Brescia” edito da Scholé (pp. 327, euro 19,90) ricostruendo le vicende dell’epidemia con testimonianze dirette, sopralluoghi, interviste, ma pure attingendo al lavoro di colleghi della carta stampata, delle radio, della tv, visitando siti, passando in rassegna social network, ecc. per offrire un percorso, una chiave di lettura e un racconto che è già storia.
Dalla pluralità di voci e dalla vasta messe di dati emerge una catena di sottovalutazioni iniziali, errori, sottostime, lacune organizzative e sviste strategiche che hanno dilatato gli effetti dell’epidemia. Dalla ricostruzione offerta da Il grande flagello emerge al tempo stesso la capacità tecnico-scientifica degli ospedali locali, la dedizione del personale sanitario, la generosità diffusa e la capacità di riorganizzazione sociale con cui Bergamo e Brescia hanno risposto alla tragedia. L’allarme iniziale ampiamente sottovalutato, l’inefficacia del piano epidemico regionale, la diversità dei modelli di risposta della Lombardia e del Veneto, ma anche la “chiusura” di questa seconda regione a pazienti provenienti da altre, la mobilitazione degli ospedali di Brescia e Bergamo e la débacle della medicina di territorio, la sottostima delle vittime e la “strage silenziosa” nelle Rsa, la mancata creazione di una “zona rossa” in Bassa Valseriana e l’allestimento dell’ospedale da campo alla Fiera di Bergamo, le scelte delle amministrazioni locali e i gesti dei due vescovi, sono solo alcuni dei temi affrontati dal libro e riuniti in un racconto incalzante e che spinge a riflettere, oltre la narrazione.
Il libro è costruito in tre parti. La prima, di carattere introduttivo, offre una storia sintetica della pandemia nella Lombardia orientale e indica i temi di discussione di oggi futuri; la seconda è costituita da interviste che consentono di ascoltare le voci e le analisi di alcuni dei protagonisti:

 i due sindaci Giorgio Gori ed Emilio Del Bono; 

il direttore del Dipartimento emergenza urgenza area critica dell’ospedale Papa Giovanni, Luca Lorini,

 e il direttore dell’Unità operativa Malattie infettive presso gli Spedali Civili, Francesco Castelli;

 il presidente dell’Ordine dei medici di Brescia Ottavio Di Stefano 

e la presidente dell’Ordine degli infermieri Stefania Pace; 

i vescovi alla guida delle due diocesi, Pierantonio Tremolada e Francesco Beschi; la terza è di fatto un diario di bordo che con ritmo tambureggiante consente di rivivere l’accavallarsi degli eventi, dei lutti, degli appelli, dei segnali di speranza a Bergamo e Brescia. Il Grande flagello consegna alla memoria collettiva il ricordo di una enorme tragedia, ma anche le chiavi interpretative per capire cos’è accaduto e perché. Un esempio di come il giornalismo di qualità possa offrire, in presa diretta, pagine di cronaca storica e di passione civile.

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