Di nuovo un bresciano in una delle manifestazioni sportive più famose del mondo.

A distanza di due anni, il gavardese Alberto Bertoldi è di nuovo pronto per partecipare, con la sua moto, alla Dakar.

Si tratta della gara che, nata nel 1979, è stata identificata per anni dal nome delle città, Parigi e Dakar, rispettivamente capitali di Francia e Senegal, luogo di partenza e di arrivo della manifestazione. Dal 2009, però, per motivi di sicurezza la gara si è svolta nell’America del Sud. Nel prossimo 2020, la gara avrà come scenario l’Arabia saudita. Ed è lì che anche Alberto sarà presente con il suo team.

Alberto è un appassionato ed esperto motociclista, che sulla motocicletta ha costruito anche la sua professione.

Già nel 2013 ha partecipato come spettatore a Lima a due tappe e al giorno di riposo della gara, allo scopo di comprenderne il meglio possibile e dal vivo le caratteristiche.

Nel 2018, poi, si è iscritto alla manifestazione sportiva come concorrente insieme ai bresciani Alessandro Botturi e Livio Metelli. Ed ecco le parole di Alberto a ricordo dell’esperienza: “Per prima cosa ci siamo recati al porto di Lima. Lì abbiamo consegnato i documenti per l’iscrizione, ritirato il nostro materiale e controllato che tutto fosse a posto. Dopo due giorni in hotel e la crescente emozione, finalmente la prova è cominciata”.

Alberto racconta che durante la gara si dormiva in modo vario: sui furgoni che trasportano il materiale di soccorso, in tenda e, spesso, in basi militari o in bivacchi recintati e gestiti in sicurezza. Eccellente era il supporto del personale medico in grado di intervenire anche in casi gravi, oltre che l’assistenza garantita dall’impiego di otto elicotteri di sorveglianza. C’erano anche numerosi punti di rifornimento, alcuni segnalati con un anticipo di 10 km, altri indicati solo 90 metri prima. Pertanto la gara non era più come all’inizio: un’avventura con il rischio molto alto di perdersi.

Ciò nonostante la Dakar è restata una manifestazione sportiva molto impegnativa.

Ad esempio, per Alberto una difficoltà è derivata dal riuscire a controllare la moto sulla sabbia, perché “le dune erano più morbide di quello che mi aspettavo tanto che, per mantenere la traiettoria, la velocità doveva essere sostenuta.” 

Un’altra difficoltà è stata quella di gestire la stanchezza, derivante da una guida ininterrotta di 10 ore al giorno, a fronte di quattro o cinque ore di riposo notturno. Si doveva affrontare anche la questione della temperatura, arrivata per due giorni a 50 gradi, oltre che l’adattamento alle elevate altitudini del Perù e della Bolivia.

“Purtroppo – Alberto continua - la moto ha preso fuoco nella decima tappa, in una valle piena di sabbia in cui era difficile proseguire lungo la pista, a causa delle buche provocate dal passaggio di automezzi quali gli autocarri detti kamaz. Per evitarli, partivamo alle cinque di mattina, ma un giorno il ramo di un cespuglio si è incastrato nella marmitta e ha preso fuoco. Quando, dopo dieci minuti, siamo riusciti a spegnere l’incendio, purtroppo la moto non partiva più”.

Così la partecipazione di Albero alla Dakar del 2018 non si è conclusa positivamente. 

Tra poco, dopo oltre un anno trascorso ad organizzare il viaggio con il suo gruppo di supporto, Alberto è di nuovo pronto a partecipare alla gara del 2020.

Lo seguiremo nella sua nuova avventura, la quarantaduesima edizione della Dakar, che si terrà dal 5 al 17 gennaio 2020.

Luisa Maioli