Giuseppe Merlo dell’Archivio di Stato di Brescia, storico dell’arte e nostro collaboratore, propone le sue riflessioni in merito alla mostra dedicata a Tiziano e visitabile in questo periodo in Santa Giulia a Brescia.

Santa Bibiana è rientrata nella nicchia: mutilata, frastornata, operata e speranzosa; speranzosa di non dover più traslocare per i velleitari capricci di una qualche “curator di mostre” (o mostri?). Ma le mostre oggi a cosa e a chi servono? Un’esaustiva risposta la trovo nel pamphlet di Tomaso Montanari e Vincenzo Trione (Einaudi) del quale condivido le giuste critiche sull’eccessivo utilizzo di questo strumento; nato come esaltante connubio tra studio e divulgazione e scaduto, per eccesso d’uso, a “sagra delle patate”.

Non fa eccezione la mostra in corso a Santa Giulia su Tiziano che non c’è. Ognuno di noi ha una dose di masochismo, fa parte del gioco, per cui pago della deludente visita alla rinnovata ex “Pinacoteca Tosio Martinengo”, complice il biglietto unico, ho inghiottito il boccone di un’esibizione di cui non ho compreso, forse per incapacità, l’utilità e a necessità. Il nome Tiziano a caratteri cubitali ti accompagna, forse per mascherare l’assenza di sue opere, tra dipinti appesi a caso: più che una mostra sembra di visitare una dimora alto borghese con dipinti antichi alle pareti per dimostrare la cultura e l’agiatezza dei proprietari.

È evento straordinario aver prelevato il bel Moretto da Santa Maria in Calchera a Santa Giulia? La presenza dei dipinti di Giulio e Antonio Campi degli anni cinquanta del Cinquecento (cremonesi) come si inserisce nel tema così aulicamente decantato nel titolo (all’ultimo manca tra l’altro, forse per esaurimento di risorse o di idee, la didascalia)? Entrando nella sala dedicata al polittico Averoldi, che non c’è, mi sono illuminato: sono in una sagra quando al momento dei fuochi d’artificio il polittico esplode, i colori scoppiano, le figure danzano, san Sebastiano, san Celso, vergine... peccato la mancanza dello zucchero filato. Esco, San Clemente è a pochi metri, mi consolerò coi bei Moretto che vi si conservano. Ah, dimenticavo: la chiesa è sempre chiusa.

Giuseppe Merlo